Napoli, i cronisti: «Un premio in memoria di Giuseppe Calise»

Napoli, i cronisti: «Un premio in memoria di Giuseppe Calise»
La folla, il silenzio. È uno dei giorni della memoria per tutti i giornalisti napoletani che, qui, nel foyer dell'Auditorium del Centro di produzione della Rai si sono...

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La folla, il silenzio. È uno dei giorni della memoria per tutti i giornalisti napoletani che, qui, nel foyer dell'Auditorium del Centro di produzione della Rai si sono ritrovati per ricordare Giuseppe Calise. Scomparso l'11 gennaio scorso a 74 anni, in pensione dal 2001, dopo aver ricoperto nelle tappe della sua vita ruoli chiave ne «Il Mattino»: cronista di giudiziaria, redattore capo centrale, capocronista. Si incrociano i ricordi nei racconti dei colleghi di ogni testata e di ogni generazione, degli avvocati, dei magistrati o dei politici che lo hanno conosciuto, stimato, apprezzato. In prima fila, la moglie Giulia, con i figli Vittorio, Antonio e Enzo, vice caporedattore del Tgr Campania della Rai, con tutta la sua famiglia. Dietro di loro, tra gli altri, tutti i colleghi della Rai, Massimo Milone responsabile di Rai Vaticano, il reggente della Procura Nunzio Fragliasso, il presidente della Corte d'Appello Alfonso Barbarano, il presidente del Tribunale Ettore Ferrara, Antonio Bonajuto ex presidente della Corte d'Appello, l'ex procuratore Capo Giandomenico Lepore, il portavoce del Cardinale Sepe Enzo Piscopo e le più alte cariche delle forze dell'ordine. Sfilano sullo sfondo le immagini. Peppino alla sua macchina da scrivere, Peppino tra i suoi cronisti, Peppino con i direttori che negli anni hanno guidato «Il Mattino». Mille immagini, mille ricordi che si trasformano in una sola storia che è anche un pezzo, importante, di storia di questa città. Sono Francesco Pinto, direttore del Centro di produzione della Rai di Napoli, e Antonello Perillo, capo redattore centrale del Tgr Campania, i primi a raccontare il capocronista sempre «pronto a difendere, con grinta e professionalità, i suoi cronisti e le sue passioni» che ha insegnato a tante generazioni de «Il Mattino» «a fare squadra: e a noi che lavoravamo in altri giornali - racconta Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania - colpiva quella passione e quella grinta che animava la squadra dei cronisti di Calise». Tocca a Gigi Di Fiore, giornalista de «Il Mattino», raccontare come, sul campo, Peppino cresceva le nuove generazioni di professionisti: «La sua è stata una grande scuola. Aveva il fiuto per la notizia, l'afferrava e non mollava».



Con professionalità, umanità, correttezza. Come sottolineano in ricordi e aneddoti l'avvocato Domenico Ciruzzi, presidente del Premio Napoli, Enzo Cozzolino della Caritas di Napoli, il magistrato Gino Mastrominico, la lettera inviata dal magistrato Arcibalo Miller, l'ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino che mette a fuoco «il suo forte rapporto con la realtà e l'alto senso di prendersi la responsabilità anche di chi lavorava con lui che, oggi, è così difficile da ritrovare in politica o nelle istituzioni». E c'è commozione nei ricordi dell'ex presidente dell'Ordine dei Giornalisti, Ermanno Corsi, quando racconta quel «rapporto professionale vissuto giorno dopo giorno con grande intensità». E quella che era nata come una commemorazione si trasforma in un'occasione di riflessione sulla professione dove a far da guida, di nuovo come un tempo, c'è Peppino. «Istituiamo un Premio o una Giornata di dibattito - propone Perillo a Lucarelli - in sua memoria». Perché da quei ricordi, mai sbiaditi, che hanno costruito la professionalità di tanti giornalisti e segnato le storie, non solo professionali, di intere generazioni di cronisti, non restino un semplice «ritorno al passato».
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Il Mattino