«Non ci hanno fatto entrare perché siamo napoletani». Nel raccontarlo sono ancora scioccati ma decisi a non far passare l’episodio sottobanco. Vittime...
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«Mia figlia Alessia Ylenia, studentessa universitaria ventunenne si è vista negare l’accesso al locale, in quanto nata e residente nella provincia di Napoli- scrive Salvatore Ferraro su facebook - tale comportamento è inammissibile e razzista ed è da stigmatizzare specialmente in quanto avvenuto in una struttura così nota a livello mondiale». Alessia si è presentata all’ingresso del locale, dove si sarebbe svolta la festa, insieme ad altre due amiche e tre ragazzi, originari di Napoli e Somma Vesuviana. Nel gruppo di età compresa tra i 20 e i 24 anni, erano tutti studenti universitari eccetto due amici che lavorano e, in particolare, uno di loro gestisce delle pizzerie.
«Eravamo abbigliati come ci avevano consigliato e com’è consuetudine per queste feste, i ragazzi con camicia bianca e noi ragazze con un vestito - spiega Alessia – alla porta ci hanno chiesto i documenti e dopo averli visionati, ci hanno comunicato che il party era dedicato esclusivamente ai residenti e alle persone che lavorano a Ibiza, vietandoci l’ingresso». A quel punto la 21enne e i suoi amici si sono insospettiti. «Ci erano arrivate delle voci sulla diffidenza nei confronti dei napoletani e ci siamo allontanati, tenendo d’occhio l’ingresso e notando che facevano entrare italiani e poco dopo noi, una coppia di milanesi - aggiunge Alessia - allora abbiamo rifatto la fila e successivamente, ci hanno riferito che allontanavano i napoletani perché nelle serate precedenti si erano verificati litigi e furti, a loro detta, per mano di gente di Napoli». Alla fine, i sei ragazzi sono ritornati nel loro residence «delusi e mortificati- conclude la giovane - siamo persone perbene, siamo stati educati fino alla fine ma ci hanno umiliato».
La denuncia su Facebook ha raccolto la solidarietà di una vasta platea e centinaia di condivisioni del post ma non è stata l’unica azione di protesta dei genitori. «Abbiamo scritto una lettera formale all’ufficio relazioni della catena di locali dove è avvenuto l’episodio increscioso- spiega il padre di Alessia – ci basterebbero delle scuse soprattutto per riparare il senso di delusione dei nostri figli, abbiamo parlato per combattere i pregiudizi e un’immagine di Napoli che non corrisponde alla verità». Nella lettera, il fatto viene descritto senza mezzi termini. «Buongiorno mia figlia Alessia Ylenia, si è vista negare l’accesso alla vostra struttura in quanto nata e residente nella città di Napoli- si legge nel documento - è una vergogna, un trattamento razzista che non mancherò di pubblicizzare presso tutti i media». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino