Quando i mastodontici palazzoni del rione 25/80, ai confini del quartiere di Chiaiano, furono costruiti erano passati pochi mesi dal devastante terremoto che nel 1980 sconvolse...
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Secondo i progetti stilati all'epoca i fabbricati dovevano restare in piedi solo per il tempo necessario a creare le nuove abitazioni che, in parte, sono state già costruite e assegnate. Parte degli sfollati, infatti, circa dieci anni fa ha preso possesso a pieno titolo delle nuove abitazioni che sono sorte a due passi dagli alveari umani del rione 25/80. Da dieci anni ogni progetto per la costruzione delle nuove abitazioni è però fermo al palo e gli abitanti di quello che somiglia a tutti gli effetti a un ghetto hanno più volte fatto sentire la loro voce con le amministrazioni comunali e regionali che si sono succedute negli anni. Inutilmente.
Pasquale Miale, presidente del Comitato per l'abbattimento e la ricostruzione del Rione 25/50 e vera memoria storia del quartiere, ha dato vita, supportato dagli altri abitanti dei tre fabbricati superstiti, ad una azione legale contro il Comune di Napoli. I cittadini hanno denunciato il Comune sia per lo stop al processo di abbattimento e ricostruzione sia per le attuali condizioni degli immobili che giacciono in condizioni desolanti e indegne della terza metropoli italiana. Gran parte degli appartamenti è esposta a continui allagamenti e infiltrazioni causati dal cedimento pressochè totale delle coperture di cartongesso e delle guaine protettive. Dai muri - che si sbriciolano semplicemente toccandoli - spuntano pericolosissime scorie di amianto. Gli ascensori rappresentano più un pericolo che una comodità e le tubature interne ormai a fine vita non riescono più a garantire una corretta tenuta, contribuendo agli allagamenti e al cattivo odore che, specie nelle giornate di pioggia, rende l'aria irrespirabile.
Per la manutezione ordinaria e straordinaria degli immobili i cittadini da anni versano regolarmente il loro contributo a Napoliservizi. A giudicare dalle condizioni dei palazzi e degli spazi esterni - quello che resta delle aiuole sono ridotte a ricettacolo di rifiuti - però, il servizio non è adeguato alla cifra che i cittadini stoicamente continuano a versare mensilmente.
«La nostra è una azione legale trasversale alla politica - spiega Pasquale Miale - dal momento che ci troviamo di fronte ad una problematica di carattere sociale. Vivere in queste condizioni non è possibile e dei continui litigi tra Comune e Regione non ci interessa. La Costituzione garantisce a tutti il diritto ad una abitazione vivibile ed è per questo che abbiamo deciso di procedere legalmente contro il Comune. Stiamo qui da trentasei anni - prosegue - quando dovevamo restarci meno di dieci anni. Praticamente abbiamo passato la nostra vita in questo squallore. Non vogliamo saperne niente di politica politicante - continua ancora l'uomo - è tempo che qualcuno si decida a darci risposte serie e concrete. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci ai tribunali. Certo, - ha poi concluso - la speranza dei residenti comincia a venir meno. Ma io sto lottando con tutte le mie forze anche per incoraggare la gente a non rassegnarsi e a continuare ad avere speranza nel sogno di avere una casa vera».
Oggi l'avvocato Corrado di Maso, rappresentante legale del Comitato, e Pasquale Miale hanno organizzato una riunione aperta alla stampa e ai cittadini per illustrare le motivazioni dell'azione legale e per incassare ulteriori adesioni. «Dopo 36 anni - ha dichiarato il legale - il Comitato ha fatto un salto di qualità dopo un lavoro comunque degno di nota e ricco di meriti. La domanda che i residenti porgono ai tribunali è quella di avere giustizia su una questione che ormai dura da troppo tempo. I residenti della Toscanella rivendicano il diritto ad avere un alloggio di nuova edificazione, nel rispetto di ciò che dice la legge regionale in Campania. Questa azione - prosegue - avrà un suo primo inizio entro la fine dell'anno, con l'udienza di fronte al tribunale di Napoli e i cittadini sono estremamente fiduciosi in una risposta positiva da parte del nostro sistema giudiziario».
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Il Mattino