Dall’ingresso al trasnsetto, le scene della vita del santo sono, nell’ordine: la Nascita di San Nicola, la Liberazione del santo e il Ratto del fanciullo Basilio....
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«Siamo davvero orgogliosi di aver contribuito con i nostri appelli a salvare i preziosi affreschi di Solimena e di aver dato voce a questa grave situazione - dice Antonio Pariante, del Comitato Civico di Portosalvo - denunciando le criticità del caso e invocando gli aiuti per la tutela e la conservazione delle straordinarie opere di arte sacra custodite a San Nicola alla Carità e in tutte le altre meravigliose chiese di Napoli. La nostra mission, ovviamente, continua». Ad essere in pericolo era il soffitto di San Nicola alla Carità, che rischiava di crollare. Le lesioni erano visibili proprio negli affreschi che lo decorano e che furono realizzati da Solimena nel 1697. Un patrimonio dell’umanità che avremmo rischiato di non ammirare più. In questi due anni padre Rega ha cercato di intervenire a sua spese, mettendo in sicurezza le aree destinate ai fedeli con una mega impalcatura di metallo. Ma soprattutto di salvare opere inestimabili come quelle conservate nella volta della navata centrale.
«Siamo riusciti a realizzare i lavori necessari grazie a fondi della parrocchia (le offerte dei fedeli e quelle del presepe) e della mia Congregazione - spiega don Mario - un impegno per il quale stiamo facendo tuttora grossi sacrifici. Ma non è finita. Restano da completare quelli alle altre due navate e alla cupola interna, dove un anno e mezzo fa cadde un angioletto. Se mi arrivasse una mano dal cielo, sarei contento. Altrimenti andremo avanti da soli». Progettista e direttore dei lavori è Claudio D’Ambra (consulente scientifico Andrea Prota, progettista architettonico Francesca Napolitano): «Abbiamo fatto prima delle indagini - spiega - rilevando che il vecchio tetto fatto con travi in acciaio aveva creato lesioni che stavano danneggiando gli affreschi. In pratica le abbiamo “ricucite”, poi abbiamo demolito il tetto e con la Soprintendenza abbiamo ripristinato la vecchia forma a falde». «L’opera è stata possibile grazie alla volontà e alla testardaggine di padre Rega, che alla veneranda età di 82 anni, si svegliava alle 3 per assistere e dirigere lo scarico delle capriate e delle tegole - sottolinea D’Ambra - che si arrampicava ogni giorno fin sopra al tetto per controllare che tutto fosse realizzato a regola d’arte, che la notte mi messaggiava su WhatsApp preoccupato per la volta della sua chiesa e che è ancora intenzionato a restaurarla e migliorarla per preservarne il ricordo e l’arte che vi sono custodite». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino