Alla Sanità si torna a sparare e i rappresentati di "Un popolo in Cammino" lanciano un comunicato per chiedere, ancora una volta, più sicurezza, ma anche...
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"In alcuni casi il silenzio sarebbe una virtù preziosa - è stato scritto oggi sulla pagina Facebook della comunità - Altrimenti si finisce con il fare figure grame e deprecabile, ridicole se non fosse che si giocano sulle spalle di tantissima gente. E' il caso dei responsabili dell'ordine pubblico a Napoli, questore e prefetto in testa, che ieri tuonavano sui giornali attribuendosi il grande merito di aver individuato dopo un anno e mezzo i responsabili della morte di Genny Cesarano, applaudendo alla grande solerzia delle forze dell'ordine e condannando l'omertà dei cittadini di Napoli che ne ostacola il lavoro.
L'autocompiacimento è durato poche ore: stanotte nel quartiere Sanità si è tornati a sparare, a pochi passi dalla statua commemorativa di Genny, di fronte al presidio militare che, da mesi, fa bella mostra di sé a Piazza San Vincenzo e che anche stanotte, puntualmente, ha dimostrato la sua totale inutilità. A pagare un altro giovanissimo, un pizzaiolo di ventuno anni - per fortuna soltanto ferito e ormai fuori pericolo - che, però, per i giornali è solo "uno straniero" (senza nemmeno prendersi la briga di precisarne le origini), come se in qualche modo il dato rendesse più sopportabile la vicenda".
E poi su Facebook gli esponenti del movimento nato proprio dopo la morte di Genny Cesarano spiegano: "Commentiamo la notizia mentre siamo impegnati in piazza per una giornata dedicata al ricordo di Genny, insieme a tante realtà di base del quartiere e tanti giovani che stanno animando questa giornata insieme a noi.
In piazza, d'altronde, ci siamo da più di un anno, insieme a centinaia di persone del quartiere: quelle persone che si organizzarono a poche ore dall'omicidio di Genny e costruirono un corteo partecipatissimo aperto da uno striscione semplice e chiaro "No alla camorra" e che oggi il Questore di Napoli definisce "spregevoli omertosi".Quelle persone che non sono mai tornate a casa, che nel dicembre 2015 riuscirono a portare 10.000 persone in piazza al centro storico per manifestare pubblicamente contro il nodo di poteri criminali che, nella nostra terra, tengono insieme mafie, malapolitica e pezzi dell'economia formale. Quelle persone che poco più di un mese fa erano ancora in piazza, a migliaia, grazie soprattutto all'apporto di tante scuole del territorio in cui i giovanissimi si interrogano su un futuro libero dalle camorre".
E poi l'affondo durissimo: "Quelle persone che hanno visto il prefetto di Napoli sbattergli letteralmente la porta in faccia, senza nemmeno capirne le richieste: scuole aperte, lavoro dignitoso, investimenti, welfare, reddito di base. Questi - e non i fantocci in tuta mimetica che il Ministero dell'Interno ha distribuito in città per far finta di adoperarsi - sono gli unici strumenti in grado di sconfiggere le camorre. Di queste cose migliaia di cittadini parlano da tempo: in questura, in prefettura, però, non hanno il tempo di ascoltarci.
Preferiscono perdere tempo ad insultare i cittadini terrorizzati, addossando a loro la propria inettitudine.
Preferiscono fingere che vada tutto bene fino, girandosi dall'altra parte quando possono e calpestando il lavoro delle realtà di quartiere quando non è più possibile girarsi. Oggi nella Sanità si spara ancora. Oggi nella Sanità i cittadini sono ancora in piazza. Tra il rumore degli spari e il rumore di chi protesta, più assordante ancora c'è solo il silenzio dello Stato".
Commentiamo la notizia mentre siamo impegnati in piazza per una giornata dedicata al ricordo di Genny, insieme a tante realtà di base del quartiere e tanti giovani che stanno animando questa giornata insieme a noi.
In piazza, d'altronde, ci siamo da più di un anno, insieme a centinaia di persone del quartiere: quelle persone che si organizzarono a poche ore dall'omicidio di Genny e costruirono un corteo partecipatissimo aperto da uno striscione semplice e chiaro "No alla camorra" e che oggi il Questore di Napoli definisce "spregevoli omertosi".
Quelle persone che non sono mai tornate a casa, che nel dicembre 2015 riuscirono a portare 10.000 persone in piazza al centro storico per manifestare pubblicamente contro il nodo di poteri criminali che, nella nostra terra, tengono insieme mafie, malapolitica e pezzi dell'economia formale.
Quelle persone che poco più di un mese fa erano ancora in piazza, a migliaia, grazie soprattutto all'apporto di tante scuole del territorio in cui i giovanissimi si interrogano su un futuro libero dalle camorre. Quelle persone che hanno visto il prefetto di Napoli sbattergli letteralmente la porta in faccia, senza nemmeno capirne le richieste: scuole aperte, lavoro dignitoso, investimenti, welfare, reddito di base. Questi - e non i fantocci in tuta mimetica che il Ministero dell'Interno ha distribuito in città per far finta di adoperarsi - sono gli unici strumenti in grado di sconfiggere le camorre.
Di queste cose migliaia di cittadini parlano da tempo: in questura, in prefettura, però, non hanno il tempo di ascoltarci. Preferiscono perdere tempo ad insultare i cittadini terrorizzati, addossando a loro la propria inettitudine.
Preferiscono fingere che vada tutto bene fino, girandosi dall'altra parte quando possono e calpestando il lavoro delle realtà di quartiere quando non è più possibile girarsi. Oggi nella Sanità si spara ancora. Oggi nella Sanità i cittadini sono ancora in piazza. Tra il rumore degli spari e il rumore di chi protesta, più assordante ancora c'è solo il silenzio dello Stato.
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Il Mattino