Non vanno più a scuola i bambini rom di Scampia, almeno una buona parte. Due le ragioni: le vaccinazioni che non hanno e la mancanza di abiti e scarpe adeguati a...
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Si occupano, tra le tante cose che fanno dalla mattina alla sera, dell’alfabetizzazione degli adulti e lavorano con gli adolescenti che non sono mai andati a scuola con l’obiettivo, e la speranza, di favorire l’integrazione sul territorio grazie anche all’istruzione e alla conoscenza della lingua italiana. Quest’anno invece niente scuola per la maggioranza dei bambini rom iscritti alla «Ilaria Alpi - Carlo Levi». Hanno perso tutto nell’incendio divampato il 27 agosto scorso a ridosso del campo rom di via Cupa Perillo. Fiamme così alte da raggiungere anche il vicino deposito dell’Asia, la società del Comune di Napoli responsabile della raccolta dei rifiuti in città, distruggendo ventitrè mezzi. «Tutto perso - è il commento di fratel Raffaele - l’incendio ha divorato ogni cosa: dai libretti sanitari dei bambini a quelli delle vaccinazioni. E poi i vestiti, le scarpe, la biancheria... non hanno più nulla e naturalmente a scuola non ci vanno. Sarebbe davvero impossibile in queste condizioni».
La macchina della solidarietà intanto si è già messa in moto grazie all’azione tempestiva dei volontari di «Arrevutammoce» e di «Celus» che stanno raccogliendo da giorni il necessario per garantire ai bambini almeno abiti, scarpe e libri. Per quanto riguarda invece le vaccinazioni di cui i bambini sono sprovvisti, la preside Rosalba Rotondo, d’intesa con le mediatrici culturali e i medici della Asl, sta cercando di ottenere quanto prima i duplicati dei libretti e i certificati necessari ad accogliere gli scolari nel rispetto della legge. Non solo: con la collaborazione dei Lions Napoli Club Maschio Angioino si cercherà anche di favorire una campagna di vaccinazione direttamente nel campo rom o là dove i nomadi saranno trasferiti. «La situazione è piuttosto allarmante - prosegue il sacerdote di Scampia - l’incendio di agosto li ha rovinati ulteriormente: non hanno come vestirsi, è vero, ma spesso manca anche il cibo e l’acqua per bere e lavarsi. L’altro giorno uno di loro mi ha chiesto se poteva venire a casa mia a farsi una doccia, naturalmente gli ho detto di si ma non è che si può andare avanti in questo modo».
Senza casa da settimane, divisi tra quel che resta del campo di via Cupa Perillo e l’auditorium di Scampia in attesa di essere trasferiti in una tendopoli nella ex caserma Boscariello di Miano dove - secondo i programmi del Comune di Napoli - dovrebbero rimanere non più di tre mesi in attesa di una nuova e definitiva collocazione: «In una situazione del genere è chiaro che i bambini a scuola non ci vengono. - conclude fratel Raffaele - Sono anche più lontani e al momento non credo che esista un servizio di accompagnamento». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino