Napoli. La fuga di Sibillo, spunta un passaporto rilasciato in Germania

Napoli. La fuga di Sibillo, spunta un passaporto rilasciato in Germania
Un duplicato del passaporto rilasciato ad aprile scorso dal consolato italiano in una città della Germania dove soggiornò prima di essere destinatario del provvedimento di...

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Un duplicato del passaporto rilasciato ad aprile scorso dal consolato italiano in una città della Germania dove soggiornò prima di essere destinatario del provvedimento di cattura firmato dall’Antimafia di Napoli e di darsi quindi alla fuga, due orologi di valore, gioielli e smartphone, e poi un sistema di videosorveglianza con monitor e telecamere.




Quando intorno alla metà di agosto la polizia fece irruzione al vicolo Angiporto dei Caserti, stradina a ridosso di via Pietro Colletta, in casa di una parente della convivente di Pasquale Sibillo, lui, il capo dei babycriminali di Forcella, era già via, di nuovo in fuga. Gioielli, telecamere e orologi erano una parte del fardello della latitanza che Sibillo dovette abbandonare quando seppe che i poliziotti stavano per prenderlo e fuggì in tutta fretta. In casa i poliziotti non trovarono nessuno, ma sequestrarono tutto, compresi il denaro contante (circa duemila e seicento euro) trovato in una cassaforte nascosta in una parete di casa e alcune foto che ritraggono Lino Sibillo con la compagna e i figli, scatti di vita familiare anche recente, immagini che hanno consentito agli investigatori di aggiornare l’identikit dell’uomo imprendibile dal 9 giugno scorso.



Ora il Riesame (dodicesima sezione, presidente Casella) dovrà pronunciarsi sull’istanza con cui la difesa (avvocato Riccardo Ferone) ha chiesto il dissequestro di quei beni, sostenendo che non siano tracce della latitanza ma oggetti di vita familiare legittimamente presenti lì dove sono stati trovati, e la loro restituzione alla donna, parente della convivente di Sibillo, indagata per favoreggiamento aggravato per aver ospitato - ritengono gli inquirenti - il latitante garantendogli la possibilità di un rifugio in quei giorni di agosto. Giorni che furono di particolare fermento: un mese prima Emanuele Sibillo, il fratello più giovane di Pasquale, fu assassinato in un agguato di chiaro stampo criminale, per le vie del centro, soprattutto di notte, c’era stata più di una incursione armata con spari in aria a scopo dimostrativo o minatorio, e Pasquale Sibillo, detto Lino, era più che mai nel mirino.



Non c’erano soltanto le forze dell’ordine e gli 007 dell’Antimafia a dargli la caccia ma anche i killer di gruppi contrapposti che con il cartello Sibillo-Giuliano-Amirante si contendono le piazze di spaccio e le estorsioni a commercianti, ambulanti, parcheggiatori abusivi e prostitute del centro storico. In attesa della decisione del Riesame sulla sorte dei beni sequestrati nell’appartamento dove furono trovate tracce di Lino Sibillo, proseguono le indagini per minare le coperture, far vacillare gli appoggi, rompere la rete di protezione che ancora consente al capo della cosiddetta «paranza dei bimbi» di evitare l’arresto. Ci lavora il pool anticamorra coordinato dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice e i pm Francesco De Falco e Henry John Woodcock.



Si parte da una serie di indizi. Uno, il 10 agosto scorso, condusse gli investigatori al vicolo Angiporto dei Caserti, tra Forcella e i Tribunali. L’appartamento era protetto da due telecamere puntate sulle uniche due strade che si potevano percorrere per raggiungere il covo: questo deve aver consentito al capo dei babykiller la fuga in extremis, o forse ci fu una soffiata. Anche su questo l’indagine è ancora aperta. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino