Gli sviluppi dell'inchiesta sugli appalti a Napoli si fondano sulle rivelazioni dell'imprenditore Pietro Coci che ai magistrati disse di aver ricevuto una richiesta di...
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Oltre ventimila euro, altre somme di minore entità non ancora quantificate, e un telefono cellulare Iphone: questo, invece, il prezzo della corruzione per l'aggiudicazione del secondo appalto, quello per le pulizie all'Adisu (l'azienda regionale per il diritto allo studio universitario) pagato dall'imprenditore Coci a Umberto Accettullo e Pasquale Greco, rispettivamente direttore amministrativo e geometra dell'Adisu Orientale, Federico II e Parthenope. L'imprenditore ha confessato di avere corrotto Accettullo, Greco (a cui è andato l'Iphone) e Giorgio Poziello, e di avere agito, in particolare per l'appalto del Santobono, d'intesa con i dirigenti della Manuntencoop di Bologna.
Dalle indagini è anche emerso che Giorgio Poziello, per ottenere la tangente da Coci, ha minacciato il cognato di quest'ultimo, Antonio Murolo, dicendogli che, altrimenti, avrebbe fatto intervenire esponenti del clan Polverino. In cambio di 500 euro al mese e dell'assunzione del figlio, infine, un impiegato del Santobono, Gaetano Russo, ha agevolato il pagamento delle fatture presentate da Coci e omesso di denunciare il mancato versamento dei contributi Inps da parte dell'impresa riconducibile all'imprenditore. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino