«To be or not to be. Sì o nu’ sì, that is a questiòn. S’è cchiù nobbile’ p’ ‘sta cap’ suppurtà...
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«Lo spettacolo è nato per incidere nel tessuto sociale e al centro non c’è solo Napoli perché la lingua napoletana è universale è questo non è uno spettacolo localistico. Proviamo a dire qualcosa da qui, scartando l’oleografia criminale che oggi avvolge la città. Prima era pizza, sole, mandolino. Oggi tutti sanno cosa sono le “stese”, le “paranze d’è criature”, tutti conoscono i tipi di pistole. Sembra un set sulla criminalità, c’è una spettacolarizzazione gigantesca. Io non nego che esista il problema, ma è una visione cinica e non mi piace. Eppure io vengo dai luoghi più oscuri della città, tra Forcella e la Sanità. Ma a questo cliché non ci sto e lo dimostrano questi ragazzi che vengono dalle zone più a rischio, ma scelgono il microfono e non il “ferro”», spiega Davide Iodice, regista e autore che accanto al lavoro specifico di creazione e produzione, conduce da anni in varie parti d’Italia un’intensa ricerca antropologica alla ricerca di una coniugazione viva tra il fare artistico e il senso sociale.
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Il Mattino