Cinque buone ragioni, il tour per raccontare le Case famiglia | Video

Cinque buone ragioni, il tour per raccontare le Case famiglia | Video
Una ragione sono senza dubbio il sorriso che, nonostante esperienze brutte e terribili, Raffaella – oggi 24 anni, entrata...

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Una ragione sono senza dubbio il sorriso che, nonostante esperienze brutte e terribili, Raffaella – oggi 24 anni, entrata in una Casa famiglia a 16 – non ha perso. E ancora sono gli occhi felici di Annamaria quando racconta di essere stata adottata e che grazie ai suoi genitori adottivi ha potuto studiare e laurearsi per fare l’assistente sociale, dopo un anno e mezzo in Casa Famiglia, uno in Collegio e anni di maltrattamenti e abusi sessuali in famiglia.



Un’altra ragione poi è la voce emozionata e rotta di Annalisa, mamma divorziata con difficoltà economiche e psicologiche che ha trovato supporto nella Casa famiglia che ha accolto i suoi due figli. “#Cinque buone ragioni per accogliere i bambini e i ragazzi che vanno protetti” è il tour – promosso dall’associazione Agevolando, il Coordinamento Italiano Servizi contro il Maltrattamento e l’abuso all’Infanzia (CISMAI), il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza CNCA), il Coordinamento Nazionale Comunità per Minori(CNCM), Progetto Famiglia e SOS Villaggi dei Bambini – che si è tenuto oggi contemporaneamente a Napoli, Bari, Bologna, Torino e Milano (poi toccherà anche Ancona il 27 febbraio e Firenze il 9 marzo, mentre si è già svolto a Roma e Trento). Un’iniziativa per far conoscere volti, esperienze e numeri di una realtà difficile: quella dei minorenni allontanati dalla propria famiglia, dei loro genitori e degli operatori che se ne prendono cura. A fornire una fotografia della situazione oggi nella Sala Giunta di Palazzo San Giacomo oltre alle testimonianze di ragazzi e genitori anche gli operatori del sociale – tra i presenti Fedele Salvatore (CNCA), Gloria Glejeses (CISMAI), Giovanni Tagliaferri (CNCM) – rappresentanti delle istituzioni e il testimonial Marzio Honorato, attore di 'Un posto al sole'.



“L’assistenza sociale è stata spesso interpretata – ha commentato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, intervenuto all’iniziativa moderata dalla giornalista Donatella Trotta – come un ambito a fondo perduto e non come stimolo, partecipazione, lavoro ed impegno. Noi quando siamo arrivati abbiamo aggredito il debito del Comune di Napoli che incideva pesantemente sul terzo settore. I centri di accoglienza, tra i maggiori creditori, venivano pagati a 4 anni, oggi invece siamo in grado di pagare a 60 giorni”.



Il debito dal 2009 al 2014 di circa 35 milioni di euro - la retta per ogni ragazzo va dagli 80 ai 138 euro al giorno – come assicura l'amministrazione comunale è stato quasi del tutto sanato. Oggi il Comune lavora con 150 strutture che accolgono circa 400 bambini e ragazzi, di cui la metà sono stranieri non accompagnati, ovvero senza adulti di riferimento arrivati con barconi da Paesi poveri e in guerra. Le Comunità in cui inserirli, dislocate tra Napoli e provincia, vengono scelte in base alla storia e al trauma da elaborare – nella maggior parte dei casi si tratta di gravi situazioni di abbandono, diverse forme di maltrattamenti e abusi sessuali – di ogni ragazzo. Perché come ha spiegato Barbara Trupiano, dirigente del Servizio Politiche dell’Infanzia e dell’Adolescenza “C’è un tempo per ogni cosa ed un luogo giusto per ogni bambino” e perché ragazzi come Raffaella e Annamaria possano vivere la loro età, studiare e sentirsi finalmente a casa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino