Il genio di Leonardo. Il tratto di Leonardo. Il segno di Leonardo. La bellissima chiesa di Donnaregina Nuova, sede del Museo Diocesano, stracolma per l'incontro con il grande...
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Il «Salvator Mundi» leonardesco resterà in mostra da oggi fino al 31 marzo, contornato da altre opere tra cui il «Cristo benedicente» che è di casa a San Domenico Maggiore e dell'apparato iconografico e illustrativo curato dalla Fondazione Donnaregina/Museo Madre, coinvolto nell'operazione dalla Regione Campania, che ha finanziato l'esposizione. E all'inaugurazione, con l'arcivescovo Sepe, è intervenuto il governatore Vincenzo De Luca (che ha tenuto una dotta lectio sui valori dell'Umanesimo), insieme con il responsabile delle Arti e della Cultura dell'Arcidiocesi, don Adolfo Russo, che è anche direttore del Museo Diocesano, l'architetto Alfredo Buccaro (Federico II), il vicesindaco della Città Metropolitana, David Lebro, e il curatore scientificio, lo storico dell'arte Nicola Barbatelli.
Il «Salvator Mundi» ha costituito l'occasione per un affascinante viaggio nel tempo. Il curatore Barbatelli, che ha messo in evidenza come il dipinto sia sicuramente, alla luce degli studi recenti, attribuibile a Leonardo: «Comparando i disegni vinciani, il loro testo pittorico, tutto corrisponde a far sì che questo Salvator Mundi possa essere stato realizzato da Leonardo. Poi possiamo anche pensare che alcuni aspetti, cosiddetti di disturbo, siano da attribuire alla bottega del maestro (la veste, gli occhi, lo sguardo), ma questo non toglie nulla alla titolarità dell'attribuzione a Leonardo di questo capolavoro, dipinto nel 1499». Gli occhi, lo sguardo: sono i particolari, i dettagli, che maggiormente hanno attirato l'attenzione del pubblico. Uno sguardo, quello del Cristo, che a molti ha richiamato quello della «Gioconda», a dimostrazione che l'autore dell'uno e dell'altro capolavoro avessero la stessa ispirazione.
Quello di Leonardo a Napoli è un ritorno, dopo ben trentaquattro anni, quando a Capodimonte fu presentata una mostra su «Leonardo e il leonardismo a Napoli e Roma». Recentemente ci sono state rassegne a Londra, New York e Milano, ora questa esposizione a Donnaregina Nuova costuisce l'occasione per fare il punto sugli studi vinciani: il «Salvator Mundi» (la tavola apparteneva alla collezione del marchese de Ganay) viene messo a confronto con altri dipinti del suo affascinante atelier, come il «Cristo Benedicente» per la prima volta presentato con un'attribuzione al pittore messinese Girolamo Alibrandi. E sullo stesso filone iconografico viene presentata anche la tavola col «Cristo fanciullo» del Salai, il giovane e controverso collaboratore di Leonardo, accompagnata da diversi lavori di pittura di allievi leonardeschi come Marco d'Oggiono. In esposizione anche tre preziosi fondi grafici: il Codice Corazza (1640 circa), proveniente dalla Biblioteca Nazionale di Napoli, il Codice Fridericiano, custodito presso la Biblioteca di Area umanistica dell'Università Federico II, e il testo Napoli antica e moderna, datato al 1815, redatto dall'Abate Domenico Romanelli. Una mostra che presenta, quindi, tutta una serie di elementi per una conoscenza del periodo artistico in cui il «Salvator Mundi» fu realizzato. Barbatelli ha anche voluto ricordare che questa esposizione si è avvalsa della ideazione del maggiore esperto vivente del genio di Vinci, il professor Carlo Pedretti, direttore dell'Armand Hammer Center for Leonardo Studies all'Università della California. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino