Napoli. Ucciso a 18 anni e sepolto in campagna. L'amico confessa: «Quando è morto non ero solo» Video

Avrebbe ammesso di aver preso parte all'omicidio del suo amico, il ragazzino con il quale era andato all'oratorio, quello che conosceva fin da bambino. Ma Gaetano Nunziato...

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Avrebbe ammesso di aver preso parte all'omicidio del suo amico, il ragazzino con il quale era andato all'oratorio, quello che conosceva fin da bambino. Ma Gaetano Nunziato avrebbe anche ripetuto di non avere agito da solo e avrebbe attribuito ad altri buona parte delle responsabilità. Addirittura sarebbe stato lui ad accompagnare gli inquirenti al posto dove era stato sepolto l'amico: sono le prime indiscrezioni che filtrano sull'inchiesta per l'omicidio di Vincenzo Amendola, il diciottenne ammazzato a San Giovanni. Qualcosa di più chiaro emergerà probabilmente lunedì nel corso dell'udienza di convalida del fermo di Nunziato. Il punto ancora oscuro resta il movente, anche se sembra che tutto sia successo a causa di una donna. Nel rione dove abitavano fin da bambini la vittima e il suo assassino, (i palazzoni di Taverna del Ferro, il bronx di San Giovanni) si sussurra una storia che sembra la trama di un film: Vincenzo avrebbe saputo che uno dei guaglioni emergenti aveva una «storia» con la donna di un boss. Informazione pericolosissima se ad averla ascoltata per caso è un bambino che parla troppo, che parla con tutti, come era, appunto, Vincenzo.


Per questo la banda avrebbe deciso di farlo tacere per sempre. Ma c'è anche un'altra versione: sarebbe stato lui a dare fastidio a una donna del clan. Gli uomini della Squadra mobile guidata da Fausto Lamparelli e quelli del commissariato comandato da Pietro De Rosa, sono al lavoro per capire cosa realmente sia successo. Il primo passo è quello di delineare il percorso di tutte le persone coinvolte.E dunque, chi è Gaetano Nunziato? Un ragazzo del Bronx come tanti fino a qualche mese fa, poi un guaglione alla ricerca di un posto sempre più importante nel clan. E quando si dice clan a Taverna del Ferro si dice Formicola. Un assassino da due giorni. La sua certamente non è stata una vita facile: da bambino lo aveva segnato il trauma della morte del padre che era finito impiccato senza che si chiarisse mai fino in fondo se si trattava di un omicidio o di un suicidio. Da quel punto in poi il ragazzino si era trasferito a casa della zia e per un lungo periodo aveva frequentato l'oratorio presso la chiesa San Giovanni Battista. Spiega Maria Elena, una delle volontarie che lo aveva seguito: «Sia lui che Vincenzo erano ragazzi in difficoltà, venivano da noi per giocare al calcio e al biliardino un ambiente sereno. Si conoscevano tra di loro e si frequentavano, erano molto amici, entrambi bisognosi di affetto e di attenzione. Poi crescendo le cose sono diventate più difficili. Tutti e due sono finiti in una casa famiglia anche se per motivi molto diversi. Gaetano aveva cominciato a sbagliare e a commettere reati, ma fino all'ultima volta che lo ho visto, qualche settimana fa, mi ha salutato con affetto».


A quel punto, però, per il ragazzo era già cominciata la mesi la scalata al sistema criminale: gli inquirenti parlano di lui come uno dei tanti «guaglioni» in ascesa, quelli che stanno mettendo a ferro e fuoco la città. «Certo, era stato arrestato - dice Maria Elena - ma mai poteva immaginare che finisse così. Quello che è successo proprio non me la so spiegare: non so capire la morte di Vincenzo e soprattutto non posso immaginarla per mano di Gaetano. Adesso uno è morto nel corpo e l'altro nell'anima»Se proprio una spiegazione ci deve essere Maria Elena la colloca in quel deserto dei sogni nel quale troppi ragazzi vivono. «A volte chiediamo: cosa volete fare da grandi? Ma loro non lo sanno. Qualcuno spera di diventare calciatore, gli altri non immaginano niente. Forse per questo scelgono strade più brevi e più facili di quelle offerte da una vita onesta. Certo il Gaetano che conoscevo io non avrebbe ucciso l'amico del cuore». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino