«A Napoli un infermiere suicida e altre due aggressioni: ora basta»

L'appello indirizzato al governatore De Luca dal presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli

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«Sono seriamente turbata e preoccupata. Ogni giorno decine di colleghi si dicono esasperati. Sono sfiniti per gli organici inadeguati che pesano sul lavoro di tutti i...

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«Sono seriamente turbata e preoccupata. Ogni giorno decine di colleghi si dicono esasperati. Sono sfiniti per gli organici inadeguati che pesano sul lavoro di tutti i giorni. Per turni esasperanti e carichi di lavoro insostenibili. Siamo amareggiati e scoraggiati. Per le continue mortificazioni verbali, le aggressioni, le pistole puntate alla tempia». È un passaggio della denuncia/appello consegnata al governatore Vincenzo De Luca da Teresa Rea, presidente dell'Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli, dopo le due gravissime aggressioni (Acerra e Calata Capodichino) «ma soprattutto dopo il drammatico suicidio di un infermiere».

«Il collega si è suicidato», ricorda la presidente Rea, «perché non ha più retto ai logoranti ritmi di lavoro». «A testimonianza del fatto - aggiunge la Rea - che quello che noi svolgiamo è un lavoro altamente usurante».

«A quanto fin qui già detto - continua la Rea - va aggiunto un mancato ricambio generazionale frutto di un decennale blocco delle assunzioni, di una pandemia che non finisce, dell'annosa carenza di organici e delle tante difficoltà di una professione di frontiera, mal pagata e senza alcuna prospettiva di carriera. mentre non c'è traccia di valorizzazione professionale e di carriera. Tantomeno di gratifiche economiche. E allora devo dire che la misura è colma. I colleghi sono stufi delle pacche sulle spalle, degli "angeli" e degli "eroi". Gli infermieri di Napoli chiedono che sia riconosciuta dignità alla loro professione che è a rischio demansionamento per la grave penuria di personale di supporto e modelli organizzativi sostenibili che ci obbligano a lavorare in costante emergenza, ammalandoci più e peggio di ogni altra categoria, rinunciando a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita. Infine, nell'esclusivo interesse della difesa del sistema sanitario pubblico, quindi dei cittadini, diciamo che bisogna finirla con i tagli degli ultimi venti anni in cui la salute è stata considerata un costo anziché un investimento per la collettività».

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Il Mattino