Si dice «stupito e molto amareggiato per gli articoli sul mio conto personale» Aniello Imperato, in «arte» Nello Liberti, il cantante neomelodico...
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Nello Liberti si è affidato a Facebook e ad un commento online per esprimere «momenti pieni di tensione, rabbia, frustrazione e sofferenza». Ma sostiene che «tutto questo resta la barzelletta d'Italia» riferendosi alla sentenza di condanna nei suoi confronti e parla di «gigantesca deformazione della realtà e di sciacallaggio da parte della magistratura». «Voglio rinfrescare la memoria a chi ha deciso di puntare ciecamente il dito contro di me ha scritto Nello Liberti che non sono l'autore ma solo l'interprete del brano. Sarò presente con tutte le mie forze, le mie capacità, le mie energie fisiche e psichiche a fronteggiarla e a combatterla questa condanna nei miei confronti». Condanna che è arrivata dopo un lungo iter processuale, al termine del quale l'accusa il pm d'udienza Sergio Ferrigno aveva addirittura riscontrato che fosse scattata la prescrizione per questo reato. Di parere opposto, invece, è stato il collegio di giudici presieduto da Loredana Acierno, che ha condannato il neomelodico e i tre attori del video anche al risarcimento dei danni nei confronti dell'associazione Fai Antiracket Campania.
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«Il capoclan non è cattivo» aveva scritto il boss Oliviero proprietario di «Radio Ercolano» e morto nel 2007 nel brano cantato da Nello Liberti e tuttora presente su YouTube. Ogni decisione del capoclan era giusta: «lui non sbaglia, perché è il capo e dobbiamo rispettarlo». Questa canzone era stata lanciata nel 2004, nel clou della sanguinosa faida di camorra di Ercolano, con i Birra-Iacomino contrapposti agli Ascione-Papale e pronti a fronteggiarsi a suon di agguati. Decine e decine di vittime, tra cui molti innocenti. Tra questi, va ricordato Salvatore Barbaro, anche lui cantante, scambiato per un camorrista e ucciso per errore dai sicari del clan in via Mare il 13 novembre del 2009: aveva la stessa auto della vittima predestinata.
Il video della canzone, poi, raccontava scene di ordinaria camorra, tra gli spostamenti del boss (interpretato proprio dal coimputato Alfonso Borrelli «'o Fonzy»), pizzini, pistole e attori che in realtà erano veri camorristi: alcuni sono stati condannati perché affiliati al clan Birra-Iacomino. Lo stesso Nello Liberti, poi, ha nel suo curriculum un'altra canzone dal contenuto più che equivoco. «N'omme e miez' a via» (un uomo di strada) è l'altro pezzo scoperto nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri della compagnia di Torre del Greco e dai finanzieri della pg coordinati dall'allora pm antimafia Pierpaolo Filippelli. La voce di Nello Liberti canta un altro elogio alla vita da camorrista e nel videoclip compare nuovamente «'o Fonzy» che stavolta imbraccia addirittura una mitraglietta.
«Una sentenza importante - dichiara Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale dei Verdi - che è destinata a fare giurisprudenza. Sono anni che denunciamo la pericolosità di certi testi interpretati da neomelodici che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono anche legati al mondo della malavita». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino