MARANO. Respinta la richiesta di sostituzione della misura cautelare, dal carcere agli arresti domiciliari fuori regione, per i fratelli Raffaele e Aniello Cesaro. Contrari alla...
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Raffaele e Aniello Cesaro sono detenuti dallo scorso aprile, quando i carabinieri del Ros - su ordine dei magistrati della Dda di Napoli - diedero esecuzione a cinque ordinanze di custodia cautelare. In manette finirono, oltre ai fratelli del parlamentare forzista Luigi Cesaro, anche gli imprenditori Antonio e Pasquale Di Guida, quest'ultimo scarcerato quindici giorni dopo, e l'ingegnere Oliviero Giannella, ritenuto dai magistrati partenopei il tecnico di fiducia del clan Polverino. Per i fratelli Cesaro, da due mesi detenuti nel carcere umbro di Terni, si tratta del secondo diniego. In precedenza, infatti, la richiesta di scarcerazione era stata bocciata dai giudici del tribunale del Riesame.
L'indagine sull'area industriale di Marano è ormai vicina ad un ulteriore un punto di svolta. Gli inquirenti vogliono vederci chiaro sui presunti episodi di corruzione e concussione che avrebbero visto coinvolti tecnici, amministratori e politici del Comune di Marano, alcuni dei quali - come l'ex sindaco Mauro Bertini (indagato per corruzione) - tirati in ballo proprio dai Cesaro. Nelle ultime settimane i carabinieri del Ros hanno ascoltato alcuni dei protagonisti dell'affare Pip, che sarebbe frutto di un accordo tra il clan Polverino, gli imprenditori di Sant'Antimo, alcuni palazzinari di Marano ed esponenti della pubblica amministrazione.
Nel registro degli indagati, di recente, sono stati iscritti due ex dirigenti del settore tecnico comunale: Armando Santelia e Giovanni Micillo, entrambi indagati per false dichiarazioni rilasciate ai magistrati inquirenti. In carcere è finito invece Salvatore Polverino, cugino del super boss Giuseppe e figlio del latitante Antonio, alias "Zi Totonno", ultimo esponente di spicco della fazione criminale di Marano ancora in libertà. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino