«L'hanno ucciso proprio nel posto in cui è cresciuto». Commenta così qualcuno tra la folla l'omicidio di Raffaele Gallo, 56 anni, freddato ieri...
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Le urla di disperazione di figli e parenti hanno fatto da colonna sonora a una giornata surreale. Gallo viveva con la compagna a San Giorgio dopo essere uscito dal carcere un anno e mezzo fa. Chi lo conosceva bene racconta di un'adolescenza già segnata dal continui problemi con la legge. L'uomo, ritenuto dagli investigatori uno dei bracci armati degli ormai ex clan vesuviani, si sarebbe formato tra le fila dei cutoliani. Un curriculum criminale di tutto rispetto, che l'avrebbe visto poi assoldato dai Vollaro e, in ultimo, tra le fila dei Mazzarella, cosca di Napoli Est egemone sui territori di Portici e San Giorgio a Cremano. In mezzo ben 16 anni di reclusione per associazione a delinquere e altri precedenti per armi e droga. Ad attirare da subito l'attenzione degli inquirenti, tuttavia, un rapporto di stretta parentela: il fratello Giovanni Gallo risulta essere il collaboratore di giustizia che nel 2012 aveva puntato il dito contro il boss Vincenzo Troia e i suoi nipoti Andrea e Giuseppe Attanasio, nell'ambito dell'agguato che l'anno prima portò al duplice omicidio di Luigi Formicola, vero obiettivo del commando, e Vincenzo Liguori, vittima innocente, colpito al cuore da una pallottola vagante all'interno della sua officina di via San Giorgio Vecchio. La versione di Giovanni Gallo, che aveva portato alla condanna dei presunti mandanti in primo e secondo grado, venne tuttavia sconfessata nel 2017 con l'assoluzione degli imputati da parte della IV Sezione della Corte d'Assise d'Appello di Napoli.
Proprio il salto temporale di ben tre anni fra la sentenza definitiva e l'agguato di ieri, unito a rapporto descritto come «non idilliaco» tra i fratelli Giovanni e Raffaele, avrebbe raffreddato notevolmente la pista della vendetta trasversale. Tante e ramificate le ipotesi scandagliate dai poliziotti del commissariato locale e dagli agenti della questura di Napoli, giunti per primi sul luogo del delitto. Presente, oltre al primo dirigente Pasquale Toscano, anche il nuovo capo della squadra mobile Alfredo Fabbrocini. Accantonata, almeno in questa primissima fase, anche la possibilità di una risposta dei Vollaro ai Mazzarella per l'omicidio di Ciro D'Anna, ucciso a colpi di pistola lo scorso 23 dicembre in una tabaccheria di via Università a Portici: la faida tra i due clan avrebbe infatti trovato tregua grazie a una nuova spartizione del territorio. Sotto la lente degli inquirenti sarebbe perciò finita anche la nuova vita di Raffaele Gallo dopo l'uscita di prigione, scandita - stando a quanto si racconta - ancora da condotte ai limiti della legalità in campo imprenditoriale. Impossibile, alla luce della recente pace scoppiata a Portici, escludere l'eventualità dell'omicidio commissionato di comune accordo per sancire il recente patto di non belligeranza. Il passato tortuoso della vittima, del resto, potrebbe aver fatto convergere il suo assassinio con gli interessi molti esponenti di spicco della criminalità organizzata vesuviana. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino