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C'è un intero mondo in quel processo. Ci sono i boss patentati della camorra napoletana, quelli che vanno dal Vomero a Secondigliano, senza dimenticare l'area metropolitana e le cosche di Ponticelli; poi ci sono sindacalisti e parcheggiatori abusivi. E non è finita: a leggere le carte della Dda di Napoli, spuntano nomi di insospettabili, tra imprenditori e impiegati della pubblica amministrazione cittadina, responsabili di uffici tecnici e semplici segretarie di staff manageriali che contrattavano benefits in cambio di manomissioni in delicate procedure amministrative. Eccolo lo spaccato che emerge dalla richiesta di rinvio a giudizio vibrata dalla Procura di Napoli a carico di 48 imputati, ritenuti responsabili - vario titolo - di associazione camorristica, turbativa d'asta, minacce, ma anche di estorsioni, concorso esterno in associazione mafiosa. Inchiesta condotta dal pool anticamorra coordinata dal procuratore Gianni Melillo, al termine del lavoro investigativo dei pm Celeste Carrano, Francesco Raffaele e Henry John Woodcock: tra gli indagati figurano esponenti di spicco della criminalità organizzata del quartiere Vomero, come il boss Luigi Cimmino, e anche diversi funzionari dei più importanti ospedali di Napoli (come il Cardarelli, l'azienda «dei Colli» e il Nuovo Policlinico, tutti inseriti nell'elenco delle parti offese); Franco Diego Cimmino, 35 anni (figlio del boss vomerese che mesi fa venne arrestato appena due giorni dopo essere tornato in libertà).
Adesso le tre importanti strutture sanitarie partenopee sono inserite nell'elenco delle parti offese - 12 in tutto - insieme con diverse aziende e alcuni loro dipendenti, vittime delle pressioni della camorra.
Ma non è tutto. Agli atti di questa indagine, c'è un filone che non riguarda gli appalti pubblici o le estorsioni consumate ai danni delle strutture pubbliche. C'è un filone di indagine che riguarda i benefici che sarebbero stati ottenuti da alcuni boss, grazie a medici compiacenti (probabilmente intimiditi o corrotti), a proposito di alcuni benefici che sarebbero stati garantite - con perizie mediche sospette - a soggetti del calibro di Giovanni Caruson o dello stesso Luigi Cimmino. Una vicenda che vede sotto inchiesta alcuni medici, si attendono sviluppi. Fino a cinquemila euro sarebbero stati spesi da parte di un boss per ottenere un certificato medico che gli ha poi consentito di passare da un carcere a una clinica privata.
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