Immigrato seminudo dietro le sbarre, via all'indagine sul Tribunale di Napoli

Immigrato seminudo dietro le sbarre, via all'indagine sul Tribunale di Napoli
Sul caso del detenuto portato in aula nonostante indossasse soltanto un jeans, e fosse scalzo e a torso nudo, si attende ora la relazione richiesta dal presidente del Tribunale...

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Sul caso del detenuto portato in aula nonostante indossasse soltanto un jeans, e fosse scalzo e a torso nudo, si attende ora la relazione richiesta dal presidente del Tribunale Ettore Ferrara. La relazione degli agenti che hanno portato il detenuto in aula sarà centrale nella ricostruzione di quanto accaduto venerdì mattina in tribunale. Da una prima verifica sembra che, quando il detenuto è stato portato in aula, l'udienza non era in corso, il giudice era in camera di consiglio per scrivere la sentenza per un altro imputato e dunque i magistrati non potevano immaginare le condizioni in cui l'uomo si trovava. Tutto è stato più chiaro dopo, quando però il caso era già scoppiato.

 
Sono le 11,30 di venerdì mattina quando l'attenzione di molti si catalizza sull'aula 214. Dentro c'è un uomo seduto nel gabbiotto riservato agli imputati detenuti. Fin qui nulla di strano per un Tribunale. Ma l'uomo è mezzo nudo. Indossa soltanto un jeans, senza scarpe né maglia. Non è italiano e non parla la nostra lingua (tanto che l'udienza sarà rinviata per trovare un interprete).

Si chiama Ricciard Unucoru, ha 33 anni e un passaporto nigeriano, non ha il permesso di soggiorno e per quel che raccontano gli agenti ha difficoltà a gestire la sua aggressività. È in cella proprio per aver aggredito a calci e pugni degli agenti nell'ufficio immigrazione tanto che ci sono voluti undici poliziotti per fermarlo. E prima di essere portato in aula si sarebbe dimenato stracciandosi i vestiti, tanto da indossare poi solo i jeans rimediati dagli agenti e rimanere a torso nudo per oltre un'ora, finché non gli viene data la t-shirt grigia comprata dagli stessi poliziotti durante l'attesa in tribunale.

Unucoru ha un difensore d'ufficio che però non può seguirlo anche nel prosieguo dell'udienza rinviata per trovare un interprete. Il processo si svolge per direttissima per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamento aggravato. Lui, Ricciard, fino a quando non arriva la maglietta, se ne sta seduto nel gabbiotto con le braccia nude tenute incrociate sul torace come a difendersi dall'aria condizionata e dallo sguardo di chi è in aula. Ha i piedi nudi fermi sul pavimento nero della cella e lo sguardo perso nell'aula 214, quella al primo piano del Palazzo di giustizia. Sembra appena scampato da una tempesta, e se ne resta fermo nei pochi metri della cella. Nel vederlo entrare in quelle condizioni, un penalista esprime a voce alta indignazione ma gli agenti portano a termine l'azione come a seguire un rigido protocollo senza valutare il singolo (e singolare) caso.


«Sono cose che non devono accadere», commenta l'avvocato Riccardo Polidoro, penalista, fondatore a Napoli del Carcere possibile, la onlus della Camera penale che si occupa della tutela dei diritti dei detenuti, e attualmente responsabile dell'Osservatorio carcere dell'Unione camere penali italiane. «Bisognava ritardare l'udienza, comunque interloquire con il magistrato prima di portare il detenuto in aula in quelle condizioni. E bene ha fatto il presidente del tribunale Ferrara a disporre un'indagine per capire cosa sia accaduto e accertare eventuali responsabilità» aggiunge Polidoro affermando che l'organismo forense presterà attenzione al caso valutando eventuali iniziative. Resta lo sconcerto. «È un fatto grave. Non è mai accaduto nulla di simile in passato. Quando un cittadino viene privato della libertà personale è gestito dallo Stato e va gestito bene. Non è accettabile che sia portato in aula mezzo nudo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino