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Attivare processi identitari di comunità e stimolare nuovi valori e vere e proprie transizioni culturali: il patrimonio culturale può rappresentare un terreno solido di coesione, un fattore di stabilità per comunità spesso frammentate o dilaniate da conflitti. E’ sulla base di questa considerazione che a Napoli è cominciato un ciclo di seminari con esperti, ricercatori, animatori locali e decisori pubblici sul tema “Il patrimonio culturale in transizione” che prevede 4 incontri tra settembre e novembre, organizzato congiuntamente dal CNR IRISS, dall’Istituto di Studi sul Mediterraneo (Cnr Ismed) e dall’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (Cnr Ispc), e finanziato nell’ambito dell’azione COST “Underground Built Heritage as Catalyser for Community Valorisation”.
Il riconoscimento e la valorizzazione del patrimonio culturale non sono processi automatici ed escludono dalle decisioni ampie fasce di popolazione, è stato rilevato nel confronto svoltosi nel Polo Umanistico CNR e che ha visto dialogare ricercatori ed esperti sui diversi approcci metodologici in grado di attivare le comunità locali verso riletture originali del proprio patrimonio.
Il seminario è stato introdotto da Massimo Clemente, direttore del CNR IRISS, che ha evidenziato come negli ultimi anni i ricercatori che si occupano di patrimonio culturale siano sempre più chiamati al coinvolgimento e all’empowerment delle comunità in processi di patrimonializzazione, come sollecitato dalla Convenzione di Faro. L’arena degli attori che prendono parte al riconoscimento dei valori e all’attivazione di strategie di valorizzazione è sempre più composita. Non mancano, anche nel territorio napoletano, esempi virtuosi di iniziative ‘bottom up’ che hanno restituito alla comunità locale e globale patrimoni a lungo dimenticati e contribuito ad attivare processi di rigenerazione urbana, come nel caso della Catacombe di San Gennaro al Rione Sanità e della comunità patrimoniale dei Friends of Molo San Vincenzo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino