Sono appena 109 le tessere degli iscritti al Pd partite dal comune flegreo alla volta dei piani alti napoletani del partito. Poche se confrontate alle oltre 500 di appena tre anni...
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LA CONTESTAZIONE
Una violazione non da cartellino giallo, bensì tale da richiedere addirittura l'annullamento delle adesioni fin qui raccolte. «Ancora una volta, contro tutte le regole, e soprattutto senza alcuna etica politica, alcuni capi bastone hanno voluto dare uno schiaffo alle più elementari regole di convivenza - attacca la fronda - cosi come hanno fatto nel pre-elezioni 2018, con un segretario-coordinatore già sfiduciato da 12 su 23 membri del direttivo. In un partito ridotto ai minimi termini proprio da chi come questi signori se ne infischia delle regole e della necessità di rispettare chi si sente sinceramente democratico ma non condivide i loro metodi, c'è bisogno immediato di aria nuova. Proprio per questo noi non lasciamo e non lasceremo il campo della sinistra democratica sguarnito, avendo fatto regolare ricorso alla competente commissione». Dunque, un partito che continua a distinguersi per l'eccessiva litigiosità, che nel 2015 resto fuori dalle elezioni per un errore formale; e che alle ultime amministrative si è presentato senza nemmeno il simbolo ufficiale.
LA REPLICA
Alle dure accuse ha replicato il coordinatore cittadino dei democratici, Antonio Iovine: «E' vero, non abbiamo affisso alcun manifesto, ma abbiamo dato comunicazione a Napoli del tesseramento in corso. Vorrei ricordare che la scadenza è prevista per il prossimo 31 dicembre e dunque c'è ancora tempo. Se da qui alla fine dell'anno affiggeremo i manifesti? Sì, lo faremo. Queste persone che si lamentano, vorrei sottolineare che non sono nemmeno andati a Napoli. Non c'è alcun ricorso tant'è che le tessere sono state regolarmente vidimate e consegnate». Eppure del ricorso c'è traccia e come, datato 10 novembre, ed inviato alla segretaria regionale Assunta Tartaglione, al suo omologo metropolitano Massimo Costa e all'ufficio adesioni. Un documento con cui i «ribelli», oltre a ricordare di aver segnalato la cosa attraverso telefonate e messaggi di posta elettronica, chiedono l'immediato «annullamento degli elenchi inviati in quanto illegittimi e il ripristino delle regole di partecipazione democratica». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino