Il ricordo più esilarante dei vent’anni di lavoro con mamma Concetta è nascosto sul palcoscenico del Theatre de la Ville di Parigi, mille posti a sedere in Place du Chatelet,...
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I gatti, maestro?
«Proprio loro. Il duetto di Rossini è così».
Così come?
«Devi cantare facendo solo miao».
Solo miao?
«È un brano ironico naturalmente, fu uno scherzo del compositore ai cantanti lirici dell’epoca, chiamati a impersonare figure assai più serie e impegnate. Rossini volle metterli alla prova».
E voi?
«Decidemmo di cantarlo anche noi, il duetto dei gatti».
Miagolarlo, piuttosto.
«Qui viene il bello».
In che senso?
«Theatre de la Ville, la sera del debutto. Attacco io e comincio a miagolare, mamma doveva entrare in scena subito dopo già cantando».
Fin qui...
«Tutto bene. Tocca a lei. La vedo salire sul palco, comincia a miagolare e intanto viene verso di me. A un certo punto inciampa in qualcosa, sta per cadere, barcolla ma canta lo stesso: miaaaaaaaaaaaaaoooooo, miaoooooooooooooo, un lamento comico accompagnato da un’espressione del viso così ridicola, ma così ridicola che non riuscii a trattenermi».
Scoppiò a ridere?
«Come un pazzo. Non potevo smettere in nessun modo».
E Concetta?
«Il duetto diventò un monologo. Mamma lo cantò tutto da sola perché io continuavo a ridere e non fui più in grado di emettere un solo miagolio».
Il pubblico come reagì?
«Benissimo, si divertì molto. Poi calò il sipario».
Quindi?
«Mi passò la voglia di ridere».
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Il Mattino