Addio a Franco Mancusi, cantore della terra flegrea

Addio a Franco Mancusi, cantore della terra flegrea
La coerenza, la fedeltà a un'idea. La passione giovanile per il giornalismo, mai venuta meno in cinquant'anni di professione, e il legame con un giornale, il nostro...

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La coerenza, la fedeltà a un'idea. La passione giovanile per il giornalismo, mai venuta meno in cinquant'anni di professione, e il legame con un giornale, il nostro giornale, durato quanto l'intera vita. Franco Mancusi se n'è andato all'improvviso ieri, tradito dal suo cuore diventato negli ultimi tempi troppo fragile. Aveva 71 anni, e molti li aveva spesi nella redazione del «Mattino», dove era arrivato dopo le prime esperienze nel settimanale sportivo diretto da Guido Prestisimone. Il ciclismo, il nuoto, il calcio erano stati le sue «palestre», la politica intesa come confronto dialettico in nome dei principi di eguaglianza e di libertà il suo habitat.


A lungo aveva militato nel sindacato dei giornalisti aziendale, poi via via in quelli regionale e nazionale, con atti di coraggio anche solitario nelle battaglie sostenute dalla categoria in anni di grandi contrasti di posizioni e di idee. Era sempre stato socialista, Franco, socialista demartiniano, condividendo con il vecchio, sapiente leader non solo gli ideali democratici, ma anche gli stili di vita. Entrambi amavano il mare, e la pesca silenziosa, assorta in altri pensieri, al largo del Monte di Procida. Ed entrambi si entusiasmavano come bambini quando alla catena di ami calata con pazienza dalla barca abboccavano decine di tonnacchielle.

Ai Campi Flegrei, alle sue origini, Franco era legato visceralmente. E della salvaguardia di quei luoghi incantati, minacciati e a volte deturpati dall'incuria dell'uomo, aveva fatto un punto d'onore. Porta la sua firma, il segno della sua passione e del suo talento giornalistico, anche l'ultimo evento organizzato nel Rione Terra di Pozzuoli dal San Carlo poco prima di Pasqua: una serata magica, nel Duomo restaurato e riempito dalle note maestose dello Stabat di Pergolesi. Un orgoglio che Franco sentiva come suo. Già, perché la musica, insieme con l'attenzione al Vesuvio e alla corona vulcanica attorno a Napoli, erano stati altrettanti punti nodali del suo lavoro di cronista di razza.


Seguendoli per anni, Franco Mancusi era diventato esperto di bradisismo e di terremoti, di scosse e di eruzioni, raccontati sempre con competenza e misura, con onestà intellettuale, senza mai cedere ai facili allarmismi. Del San Carlo fu anche consigliere d'amministrazione, di Roberto De Simone era un estimatore appassionato e un amico vero. Per molti giovani del «Mattino» Mancusi era stato un maestro negli anni in cui aveva guidato la redazione di Pozzuoli, e così lo chiamavano tutti, al giornale, da Claudio Scamardella, oggi direttore del «Nuovo Quotidiano di Puglia», a Francesco Vastarella, oggi a capo della redazione Grande Napoli. Dalle cure delle adorate mamma e zie era passato a quelle amorevoli della moglie Enrica, storica dell'arte conosciuta fin da bambina. Enrica paziente, tenera, solida e sorridente sempre, sempre al suo fianco e pronta a sostenerlo in ogni battaglia, non ultima quella delicatissima per la salute. Ciao, caro Franco, maestro ironico e gentile.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino