La camorra all'ospedale del mare «Imposte tangenti da 20mila euro»

La camorra all'ospedale del mare «Imposte tangenti da 20mila euro»
Le mani della camorra sull’Ospedale del Mare. Non c’è solo la lotta per il controllo delle piazze dello spaccio nell’area orientale negli atti...

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Le mani della camorra sull’Ospedale del Mare. Non c’è solo la lotta per il controllo delle piazze dello spaccio nell’area orientale negli atti dell’indagine che ieri mattina ha portato all’arresto di 14 persone, tra le quali due donne. Colpo al clan Casella: un gruppo del quale si è sempre parlato poco, ma che invece a Ponticelli aveva costruito un piccolo impero criminale, riuscendo ad operare sia quando nell’area comandavano i Sarno e sia più recentemente, con l’avvento della famiglia De Micco. L’indagine dei carabinieri del comando provinciale di Napoli, coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia, rivela uno spaccato inedito su una cosca pericolosissima, radicata sul territorio e militarmente agguerrita.


IL PIZZO SULL’OSPEDALE DEL MARE
Per farsi un’idea di quanto strutturato fosse il clan Casella basta scorrere le dichiarazioni del pentito Vincenzo Sarno, fratello dell’ex numero uno del gruppo Ciro, detto ’o sindaco. «Nel settembre 2008 - dichiara - le opere dell’Ospedale del Mare erano già iniziate. In quel periodo Eduardo Casella (uno dei boss del clan, ndr) mi fece incontrare con un ingegnere della zona di Ponticelli-Volla, il cui cugino stava avviando la realizzazione di alcune palazzine in via De Meis. L’ingegnere mi disse che suo cugino avrebbe voluto incontrarmi per chiudere con me i discorsi estorsivi prima dell’avvio dei lavori. Chiesi all’ingegnere se conoscesse qualche ditta che si occupava di lavori all’Ospedale del Mare, mi rispose di no. Quando andò via Eduardo Casella mi indirizzò ad un’altra persona che avrebbe potuto fornirmi quelle indicazioni: Fu così che mi incontrai con omissis il quale mi disse che l’imprenditore per cui lavorava aveva già “chiuso” con mio fratello Luciano, intendendo che a quest’ultimo era già stata corrisposta la dovuta somma estorsiva. Mi disse anche che stavano per cominciare i lavori di un nuovo lotto, e allora io chiesi ed ottenni il versamento di una nuova rata, di 20mila euro. Il denaro mi venne consegnato da Eduardo Casella, che mi fornì anche l’elenco di altre ditte impegnate nei lavori di quel cantiere».

 

IL CLAN
L’inchiesta era scattata dopo l’omicidio del pusher Gianluca Cardicelli avvenuto in via Franciosa, a Ponticelli, la sera del 9 gennaio 2017. Un delitto ordinato dai Casella. Al vertice del sodalizio c’erano i tre fratelli Giuseppe, Eduardo e Vincenzo i quali imponevano una rigorosa struttura paramilitare al gruppo. Ogni «settore» di affiliati aveva un compito: pusher e vedette; addetti alla videosorveglianza interna al rione (i «turnisti») per evitare i blitz delle forze dell’ordine (e le due donne arrestate avevano proprio tale ruolo, oltre a fare da «contabili»); esattori del racket e, infine, il «gruppo di fuoco», composto da killer ed esperti tiratori di pistola, ai quali era delegato il compito di compiere raid armati e stese.

LE «MESATE»

Eccolo, il welfare della camorra. I Casella consolidavano il proprio potere sul territorio fornendo veri e propri stipendi mensili non solo alle mogli degli affiliati finiti in galera, ma anche a tutti gli altri. I profitti del traffico di droga, arricchiti dai guadagni derivanti da estorsioni e rapine, confluivano in una cassa comune utilizzata per il pagamento delle «mesate». Durante le indagini sono stati sequestrati due chili di procaina, sostanze da taglio e materiale utile alla pesatura e al confezionamento della droga nonché proiettili per pistola di vario calibro e passamontagna. «Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia - conclude il gip - concordano nell’indicare i Casella come un gruppo autonomo dotato di propria individualità, che è riuscito anche ad affrancarsi dall’obbligo di versare la tangente ai De Micco per poter spacciare». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino