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È stato acquisito al patrimonio comunale il palazzo di via Firenze divenuto il simbolo della cementificazione del centro storico di Pomigliano, una colata di cemento scaturita da una serie di permessi a costruire rilasciati sulla base della legge regionale Piano Casa. Una acquisizione che ha assunto un significato particolare, perché di fatto costituisce il primo passo verso l'abbattimento dell'opera. L'eventuale arrivo delle ruspe sta facendo rumore da queste parti perché a Pomigliano ci sono cantieri - per un totale di 300 appartamenti in costruzione - realizzati con il Piano Casa e poi sequestrati in quanto, secondo la Procura di Nola e la polizia municipale, «frutto di una fraudolenta interpretazione della legge». Per molti di questi appartamenti è stato anche annullato il titolo edilizio.
L'immobile residenziale di via Firenze acquisito dal Comune era sorto al posto di un antico caseggiato, raso al suolo per fare spazio a un condominio di una ventina di appartamenti. Ma nel 2020, durante la realizzazione del complesso, il parroco della chiesa madre di Pomigliano, don Peppino Gambardella, presentò ricorso al Tar. Risultato: blocco del cantiere, piazzato proprio accanto alla proprietà della diocesi, e annullamento del permesso a costruire rilasciato durante la precedente amministrazione, retta dall'ex sindaco Raffaele Russo; permesso che venne considerato illegittimo perché concesso all'impresa costruttrice senza la prova documentale che l'antico palazzo da abbattere avesse subìto negli ultimi cinquant'anni interventi di ristrutturazione tali da stravolgerne l'aspetto originario.
Dopo l'annullamento del titolo edilizio deciso dal Tar, il comandante della polizia municipale, il colonnello Luigi Maiello, all'epoca anche dirigente pro tempore dell'ufficio tecnico municipale, emanò un'ordinanza di demolizione. Quando quest'ordinanza diventò esecutiva (un secondo ricorso del proprietario contro la demolizione fu respinto sia dal Tar che dal Consiglio di Stato) il costruttore comunicò al Comune che avrebbe provveduto autonomamente ad abbattere il palazzo, rimasto nel frattempo un rustico mai completato. L'imprenditore edile fu però inadempiente: il palazzo rimase in piedi. Quindi, trascorso ancora altro tempo, l'ufficio tecnico del Comune, diretto dall'architetto Lucia Casalvieri, sulla base di un'indagine della polizia municipale ha di recente spedito al proprietario un sollecito: pure in questo caso l'imprenditore non ha messo in moto le ruspe.
Il Mattino