Baby gang senza freni: botte a due ragazzi marocchini

Baby gang senza freni: botte a due ragazzi marocchini
Pomigliano. «Ora che quello è in galera è meglio che buttano la chiave». La sentenza sull'arresto del rapinatore-teppista acciuffato dai carabinieri...

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Pomigliano. «Ora che quello è in galera è meglio che buttano la chiave». La sentenza sull'arresto del rapinatore-teppista acciuffato dai carabinieri sabato sera porta la firma di Marco, uno scricciolo alto poco più di un metro. Marco avrà sì e no 11 anni e abita in vicolo Miano, centro vecchio, povero e degradato di Pomigliano. Conosce bene una della vittime del pestaggio con rapina. «Sì - risponde vivace - Marwan abita là, vicino a casa mia: è un ragazzo tranquillissimo, bravo. Venite, vi ci porto io». I pochi adulti che assistono alla simpatica scenetta del ragazzetto restano muti come pesci. Sì, perché qui, in vicolo Miano, loquaci sembrano soltanto i ragazzi intenti a giocare nei cortili. In una di queste vecchie «curtine», come le chiamavano un tempo, c'è la casetta in cui abita Marwan. È un basso di tre stanzette con muri scorticati dal tempo e dall'assoluto abbandono.


Il ragazzo italo-marocchino si presenta subito, atteso dagli amichetti che non vedono l'ora di abbracciarlo. Marwan è calmo e gentile. Davvero tranquillo come lo descrivono tutti in questo vicolo di luci fioche. «Sono appena tornato dall'ospedale di Nola. Ci sono andato di nuovo oggi, per la seconda volta da sabato, con la Circumvesuviana. Sono andato da solo perché non abbiamo la macchina. I medici mi hanno controllato la ferita al labbro», racconta con un marcato accento magrebino e ancora visibilmente scioccato. Marwan è figlio di Abdul Karim, venditore ambulante benvoluto e conosciuto da tutti a Pomigliano. Una di quelle facce da brav'uomo che si incontrano ai semafori nel tentativo di piazzare qualche busta di fazzolettini. «Papà non c'è, si trova dai carabinieri - precisa il quindicenne qui io vivo con lui, mia mamma, mia sorella, mia cognato e il mio nipotino». Marwan prova a raccontare la brutta avventura di sabato sera. «Sabato spiega - sono andato alle nove e mezza a fare un giro davanti al parco pubblico di Pomigliano. Ho portato con me il mio amico Abdu, che è appena venuto ad abitare qui vicino, in questo vicolo. È a casa dello zio dopo essere stato per un periodo di tempo con il padre a Milano». Ma i due ragazzi italo-marocchini non hanno fatto nemmeno in tempo a mettere piede sul piazzale della movida: «Ricordo poco perché sono stato subito aggredito - aggiunge il quindicenne ci hanno picchiato forte, abbiamo avuto paura. Ma abbiamo subito chiamato i carabinieri».
 

Resta però il sospetto che la violenza del branco sia stata anche originata da una matrice razzista, dall'ormai dilagante odio per il diverso, dalla pelle scura e dall'accento straniero. «Ma io non ho sentito parole del genere chiarisce Marwan lo ripeto: sono stato subito aggredito e non ho capito più niente». Gli amici del vicolo si affrettano ad abbracciarlo. «Lo conosco abbastanza bene interviene Mario, suo compagno di classe in terza media alla scuola Catullo . Lui ha quindici anni ma si trova ancora con noi perché va e viene dal Marocco e non parla bene l'italiano. Ha una professoressa di sostegno. È un ragazzo buono e bravo».
«Sì, io ho una sorella e un fratello conferma Marwan che studiano in Marocco e spesso mio padre torna nel suo Paese per lavoro e quindi vado con lui». Una vita di espedienti e sacrifici. Ma una vita onesta. Turbata dalla violenza metropolitana che dilaga anche nell'hinterland napoletano. «Ma qui nel vicolo conclude sicuro Marwan tutti mi vogliono bene».

In vico Miano c'è una piccola comunità marocchina. Abitano tutti nei bassi umidi e non propriamente ospitali perché qui ovviamente gli affitti sono bassi e i pomiglianesi difficilmente andrebbero a viverci. «I magrebini sono persone meravigliose», afferma don Peppino Gambardella, parroco della vicinissima chiesa madre di San Felice in Pincis. «Sono molto addolorato - aggiunge il sacerdote -. Questo bruttissimo episodio si è consumato proprio la sera prima che il Santo Padre celebrasse la giornata degli immigrati».
p.n.
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Il Mattino