Franceschini su Pompei: «Illuminati e aperti la notte»

Franceschini su Pompei: «Illuminati e aperti la notte»
«Una bella storia italiana»: alla fine lo mette lui il titolo a questo giorno di orgoglio pompeiano. Dario Franceschini ha da poco salutato la commissaria Ue alle...

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«Una bella storia italiana»: alla fine lo mette lui il titolo a questo giorno di orgoglio pompeiano. Dario Franceschini ha da poco salutato la commissaria Ue alle Politiche regionali, Corina Cretu, che ha speso parole al miele per l’operato del governo. Allora, voltarsi indietro è inevitabile: «Nel 2015 in quella stessa sala firmai con il predecessore della signora Cretu (Johannes Hahn, ndr) un impegno a spendere entro scadenze precise i fondi europei», ricorda il ministro per i Beni e le attività culturali. «La sfida era completare i restauri nei tempi stabiliti: oggi possiamo dire che quella sfida è vinta».


Ministro, Pompei s’è lasciata alla spalle i tempi bui?
«Sì. La gente finalmente si è accorta dei beni culturali e anche la politica ha cambiato rotta. Con la tutela e la valorizzazione di questo grande capitale si creano posti di lavoro, si migliora l’immagine del Paese, si crea sviluppo. Il riconoscimento sta nello sblocco da parte dell’Ue delle risorse che erano state bloccate».

Com’è possibile che gli scavi archeologici più importanti al mondo siano stati abbandonati al degrado?
«Pompei ha avuto alti e bassi. Ma, certo, l’Italia ha perso molto tempo. Quando tagli le risorse, quando non ci credi, può capitare anche questo. Quando sono arrivato, tre anni fa, Pompei era legata ad un’immagine negativa. Ricordo che giurai da ministro e il sabato e la domenica successivi ci furono due crolli. C’era il terrore di non riuscire a spendere in tempo i fondi europei, di perdere i finanziamenti. Ora stiamo recuperando, e abbiamo dimostrato che con un lavoro di squadra i risultati arrivano anche in termini di visitatori: 3 milioni e 200mila visitatori nel 2016, un record storico».

Ma i sindacati parlano di «grande propaganda politica» e di domus riaperte e chiuse nel giro di pochi giorni a causa della grave carenza di personale.
«Per il personale abbiamo in programma un rafforzamento notevole attraverso i concorsi rivolti a professionalità specifiche: sono previste 500 assunzioni in tutta Italia, ma mi sto battendo per avere più risorse da destinare al personale di custodia, saranno sicuramente di più. Detto questo, gli strumenti di lotta sindacale sono legittimi. Se vogliono contestare le posizioni del soprintendente Osanna, che non sono personali ma esprimono la linea del Ministero, facciano pure. Adesso che la legge definisce i beni culturali come servizi pubblici essenziali, però, quelle proteste devono svolgersi dentro regole precise. Per questo sono contento che i sindacati abbiano rinviato l’assemblea. Ad ogni modo, in attesa delle nuove assunzioni, a Pompei stanno lavorando i ragazzi della Ales, società pubblica tutta in house del Mibact».

I sindacati definiscono gli addetti di Ales «non preparati» per il compito che devono svolgere e inadeguati a gestire un’eventuale emergenza.
«A dire la verità, su questi ragazzi sento apprezzamenti positivi da parte delle strutture e dei turisti. So bene che è una soluzione temporanea, ma intanto bisognava intervenire per tappare le falle. Se non lo avessimo fatto, negli ultimi due anni le cose sarebbero andate molto peggio».

Quanti custodi servono per ripristinare la serenità?
«Questo bisogna chiederlo ad Osanna».

Il record di visitatori dell’anno scorso è un risultato che si può migliorare?
«Senz’altro. Pompei è già uno dei luoghi più visitati al mondo e non ha una data di termine dei lavori. È una città di 66 ettari, con 22 ettari ancora da scavare e 2mila anni di storia alle spalle. Una città senza tetti, esposta alle intemperie, che avrà bisogno all’infinito di manutenzione e cura. Il problema è non far scappare le persone, e questo si ottiene con investimenti infrastrutturali, migliorando la qualità dei trasporti, dell’accoglienza, dei servizi. E poi, con un’apertura prolungata fino a mezzanotte che non sia limitata ad eventi eccezionali. Il mio appello è alle grandi imprese italiane, affinché con l’Art bonus finanzino un’illuminazione notturna degli scavi di Pompei, sui quali c’è già l’interesse di gruppi internazionali».

L’Art bonus, appunto: al Sud restano le briciole. Cosa si può fare per colmare il gap?
«Bisogna insistere. Vero, nel Mezzogiorno ci sono meno imprese, ma manca anche l’abitudine al mecenatismo. In Italia abbiamo raccolto 150 milioni in due anni, un risultato notevole. Adesso che la misura è permanente, sono sicuro che anche le imprese del Sud la adotteranno».

Il problema del turismo mordi e fuggi riguarda anche Napoli, dalla quale i crocieristi fuggono spesso proprio per andare a Pompei.
«È una caratteristica del turismo da crociera, ma per ovviare a questo penso ad un collegamento in treno dal Porto di Napoli, integrando il sistema metropolitano con quello ferroviario. Con Ferrovia e Circumvesuviana, una volta scesi dalla nave si potrebbero raggiungere direttamente gli scavi, risparmiando tempo. In questo modo, molti potrebbero visitare anche la città».

A proposito: c’è un’Italia a due velocità anche sui binari. Quali sono i tempi per la nuova stazione di Pompei Scavi?
«Difficile rispondere: al tavolo per il Grande Progetto Pompei ci sono Comune, Regione, governo, Circumvesuviana e Ferrovie. Ma posso dire che il mio invito è stato quello a realizzare un’opera che abbia il minor impatto ambientale e paesaggistico possibile».

Un altro importante parco archeologico, quello dei Campi Flegrei, pieno di bellezze abbandonate o misconosciute, ha da pochi giorni una nuova direttrice. Possiamo aspettarci una svolta?
«I Campi Flegrei hanno una potenzialità pazzesca, grazie all’integrazione tra la bellezza dei siti e il territorio. Averli unificati in un unico Parco archeologico che gode di autonomia gestionale e contabile è molto importante».

Anche nel centro storico di Napoli degrado e incuria assediano monumenti e chiese.

«Purtroppo questo è un tema che riguarda l’intero Mezzogiorno. Bisogna lavorare tutti insieme affinché quel grande tesoro distribuito tra privati, Chiesa, Stato, Comune e Regione sia valorizzato al meglio. È chiaro, però, che oltre al restauro, i monumenti devono essere più vivibili, attrattive e sicure le città. Sono convinto che con uno sforzo comune Napoli, che è già stata una delle capitali mondiali del turismo all’epoca del Grand Tour, tornerà ad esserlo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino