Pompei. L'atto vandalico ai danni dell'affresco raffigurante Bacco e Arianna, potrebbe, secondo gli investigatori, essere un diversivo per nascondere furti su commissione...
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Reato, di certo, minore rispetto al furto e per depistare le indagini su un probabile circuito criminale dedito ai furti su commissione che potrebbe essere in atto all'interno del Parco Archeologico.
L'affresco sarebbe stato danneggiato utilizzando un pesante oggetto. Secondo gli investigatori potrebbe essere stata utilizzata una grossa pietra raccolta dal pavimento dello stesso ambiente in cui si trova il dipinto rovinato. Il danneggiamento, o tentato furto, è avvenuto di giorno. Di questo ne sono certi i carabinieri della stazione di Pompei che, ieri mattina con il procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, hanno svolto dei rilievi nel Lupanare piccolo, o domus del Ristorante, zona priva di telecamere.
Alla base delle ipotesi investigative ci sarebbe un filo conduttore con il precedente furto, ancora non risolto, di 20 centimetri di un affresco raffigurante la testa della dea Artemide dalla casa di Nettuno, scoperto nel marzo del 2014. In entrambi i casi i reati sono stati commessi in pieno giorno, in una domus chiusa al pubblico e priva di telecamere. Per il momento la procura di Torre Annunziata, guidata dal procuratore Alessandro Pennasilico che su Pompei ha la massima allerta investigativa, ha aperto un fascicolo contro ignoti per il solo reato di danneggiamento. Questo in attesa che l'attività di intelligence possa fornire elementi utili ad avvalorare la pista dei «furti di opere d'arte su commissione».
La testa di Arianna non c'è più. Al suo posto un buco nel muro. Così si presenta agli occhi degli investigatori, ma ancor prima si è presentato allo sguardo atterrito del direttore generale del Parco Archeologico Massimo Osanna, l'affresco sfregiato raffigurante Bacco e Arianna nel cubicolo «g», posto sulla parete est sul lato sud della porta d'ingresso del Lupanare piccolo. A escludere l'atto vandalico è, anche, Antonio Pepe, leader sindacale dell'Unsa. «Un atto vandalico in una zona chiusa al pubblico è poco credibile», afferma Pepe. «Solitamente chi compie questi atti è propenso a danneggiare opere d'arte che sono di facile accesso e di pubblica vista». Il segretario Unsa nel condannare tale atto ingiustificato afferma che: «è stato commesso a danno dell'intera categoria di addetti alla vigilanza che ha sempre lavorato con abnegazione per difendere il sito archeologico. Si tratta di un grave danno di immagine che di riflesso ricade sul personale di vigilanza. Gli investigatori dovrebbero chiedersi: chi avrebbe potuto avere interesse a danneggiare questo affresco? Probabilmente chi, dall'atto vandalico, ne potrà trarre vantaggio o interessi».
Sul fronte del recupero i restauratori sono ottimisti: all'interno del buco di 10 centimetri è stato possibile recuperare frammenti dell'affresco danneggiato. I lavori di restauro sono già stati avviati. Intanto, il direttore generale del Parco Archeologico, Massimo Osanna, ribadisce la «ferita inferta al nostro patrimonio» e confida nell'attività investigativa, avviata dai carabinieri a seguito della denuncia presentata dalla direttrice degli Scavi, Grete Stefani, affinché siamo «identificati subito i responsabili». Impresa alquanto difficile per gli inquirenti. L'area è fuori dal raggio di azione del sistema di videosorveglianza. Senza l'aiuto di immagini diventa difficile risalire all'autore del danneggiamento o del presunto tentato furto.
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Il Mattino