«Racket al mercato dei fiori di Pompei: così l'azienda del boss Cesarano gestiva il business»

«Racket al mercato dei fiori di Pompei: così l'azienda del boss Cesarano gestiva il business»
«Il reggente del clan Cesarano aveva creato un'azienda per imporre il pizzo nel Mercato dei Fiori di Pompei. Però, la ditta del figlio del capoclan aveva un...

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«Il reggente del clan Cesarano aveva creato un'azienda per imporre il pizzo nel Mercato dei Fiori di Pompei. Però, la ditta del figlio del capoclan aveva un trattamento diverso». Il rapporto «inquinato» tra clan Cesarano e il Mercato dei Fiori è stato riscontrato da diverse inchieste dell'Antimafia. Ma stavolta, la vicenda arrivata a processo è totalmente differente.

Secondo l'accusa il pm è Giuseppe Cimmarotta nel 2015 Luigi Di Martino «'o profeta» aveva ricevuto il mandato di gestire la cosca del rione Ponte Persica direttamente dal boss ergastolano Ferdinando Cesarano, il capoclan che in cella al 41-bis ha preso due lauree e che fu protagonista oltre vent'anni fa di una rocambolesca fuga dall'aula bunker del tribunale di Salerno. Per gestire meglio gli affari del clan, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Di Martino aveva deciso di creare un'azienda, la Engy Service, un'agenzia che faceva da intermediazione per trasporto e carico-scarico merci all'interno del polo florovivaistico. La società era intestata ad Antonio Martone e gestita di fatto da Giovanni Esposito, i due cognati proprio di Luigi «'o profeta». I due sono tuttora detenuti e stanno affrontando il processo dinanzi al collegio del tribunale di Torre Annunziata (presidente Fernanda Iannone, a latere Silvia Paladino e Luisa Crasta).

Ieri mattina, è stato chiamato a testimoniare il luogotenente Francesco Prestia, in servizio alla compagnia guardia di finanza di Castellammare. «Martone ha spiegato in aula il testimone fungeva anche da dipendente e tuttofare della ditta». Un'azienda che, hanno ricostruito gli inquirenti, in pochi anni aveva «preso il monopolio nel mercato dei fiori», con fatturati che erano passati in breve tempo da poche migliaia di euro a quasi 2 milioni. Il tutto, a discapito di altre società. Un servizio quello di intermediazione ritenuto praticamente «inutile» perché prima e dopo le aziende del comparto hanno funzionato sempre allo stesso modo. Durante la gestione della Engy Service, le tre principali ditte di trasporto avrebbero subito danni notevoli. Gli imprenditori che inizialmente non avevano intenzione di rivolgersi alla ditta del boss «hanno subito violente aggressioni». Invece, chi si era «piegato», aveva continuato a lavorare tranquillamente.

Proprio ieri mattina, i finanzieri hanno effettuato una nuova perquisizione nella sede legale della Engy Service, che dopo gli arresti è improvvisamente arrivata a fatturato zero ed è in liquidazione. All'interno di un camion sono stati scoperti e sequestrati un computer aziendale, un hard-disk e sette telefoni cellulari probabilmente utilizzati dagli autotrasportatori. Infatti, nel giro di due anni, l'azienda da semplice intermediaria, aveva acquistato tir e rimorchi, avviando il trasporto da e per l'Olanda con mezzi propri. Con una eccezione particolare, spiegata dal testimone ai giudici: «Solo la FC Green srl, l'azienda di Francesco Cesarano, figlio del boss Ferdinando, aveva un trattamento speciale. I suoi carichi ha aggiunto il luogotenente Prestia venivano distribuiti su più camion in modo da non pesare economicamente sui trasporti. A dimostrarlo sono le fatture della Engy Service, tutte sotto i mille euro a viaggio». Sulla creazione dell'azienda, infine, il testimone ha spiegato come «abbiamo notato che i proprietari dell'ufficio erano più volte andati a casa di Di Martino durante le fasi di avvio societario per la locazione dell'immobile».
 

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Il Mattino