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Nei porti di Napoli, Salerno e Castellammare ci sono 59 edifici (uno su tre di quelli totali) parzialmente usati, poco usati o dismessi da tempo. Insomma 165.410 metri quadrati che potrebbero avere una nuova vita o, almeno, servire a fare spazio alle aziende che scelgono di insediarsi in queste aree che ricadono nelle aree Zes. L'Autorità di sistema del mare Tirreno centrale ha diffuso uno studio commissionato al Cnr con la formula del partenariato pubblico/pubblico per avere un quadro completo tecnico della consistenza del patrimonio dei tre porti campani. «Insomma avere tra le mani uno strumento - come ha chiarito il presidente Andrea Annunziata - che consenta di meglio orientare le scelte dei piani regolatori portuali. Uno strumento che può servire anche da confronto con gli enti locali per le scelte di natura politica visto che molti di questi manufatti ricadono sulle zone di confine tra i porti e le città che li ospitano».
Le sorprese venute fuori dallo studio sono diverse. Le prime, quelle più importanti, sottolineano che sono stati individuati 27 edifici di interesse storico e architettonico; 22 siti di archeologia industriale e ben dieci spazi cerniera, vale a dire porzioni di territorio che sono a cavallo tra le città e i porti. Questa vicinanza rende necessaria una completa interazione con i Comuni. «L'ascolto dei territori - ha chiarito Annunziata - è fondamentale affinché i porti campani svolgano non solo il ruolo di infrastruttura per la logistica terra/mare e di motori dell'economia regionale, ma siano anche parte integrante delle città contribuendo al miglioramento della qualità della vita dei cittadini».
«Un lavoro importante - ha detto l'assessore regionale all'Urbanistica, Bruno Discepolo - che integra ulteriormente il testo unico per il governo del territorio che presto passerà all'esame del Consiglio regionale. Un lavoro che permette di meglio delineare quelle aree cuscinetto città-porto che sono specifiche e che portano ricchezza al territorio perché i porti sono fonti di ricchezza. E proprio queste peculiarità portano a fare di queste aree zone di conflitti permanenti tra privati o tra pubblico e privato e qualche volta anche tra pubblico e pubblico. Basti pensare alle vicende del molo San Vincenzo per avere l'esatta dimensione del terreno su cui bisogna muoversi. E bene ha fatto l'Adsp a commissionare uno studio completo sui tre porti di sua competenza che, presto, la Regione integrerà con l'Agenda territoriale regionale che comprenderà tutta la linea di costa della Campania».
I dati raccolti sono stati inseriti in un data base complessivo, un Geographic information sistem (Gis). La tecnologia disponibile per questo data base fornisce la possibilità di costruire un geodatabase condiviso ed implementabile e di compiere analisi spaziali che permettono di evidenziare graficamente i risultati di interrogazioni sulle raccolte di dati collegati alla cartografia. Insomma un vero e proprio archivio di tutti gli stabili con anche i possibili costi per gli interventi di recupero necessari. «Con questo lavoro - ha detto Giuseppe Grimaldi, segretario dell'Autorità di sistema portuale - possiamo andare più spediti con piani regolatori portuali che ora possiamo avviare dopo l'approvazione del Documento strategico di sistema. Bisogna integrare le città con i porti, non c'è alcun dubbio. Il molo San Vincenzo, lo stesso Beverello, i magazzini generali e la stazione della metropolitana sono argomenti con cui ci confrontiamo ogni giorno e che insistono su quell'area grigia delicatissima che è proprio l'integrazione tra il porto e la città. Sono aree di primario interesse anche a Salerno e a Castellammare di Stabia. Questo studio è solo un primo step di un rilevamento che dovrà fornirci un quadro completo di tutte le aree portuali e degli insediamenti che insistono su ogni singola concessione. Solo così, con cartografie esatte, possiamo guardare al futuro produttivo dei tre porti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino