Soffia, il vento del sospetto. E s'infila vorticoso nelle pieghe delle scontate dichiarazioni infarcite di politichese, quelle del giorno dopo, tutti hanno vinto e hanno perso...
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Il vento del sospetto soffia. Non è forte, distruttivo, come nel 2011, quando scoppiò il clamoroso caso dei cinesi portati in blocco ai seggi napoletani. Ma certo finisce per materializzare un'ombra sinistra sul meccanismo di partecipazione democratica alla selezione dei candidati per le Comunali nella terza città del Paese. E ciò anche se si trattasse, come ci auguriamo, di episodi non influenti (sul punto va fatta chiarezza e provveda il partito, senza remore) sul già minimo scarto del risultato finale.Il procuratore aggiunto D'Avino, che si occupa dei reati nella pubblica amministrazione, ha disposto l'acquisizione del filmato di Fanpage. Investigatori scruteranno con attenzione quei volti, leggeranno comportamenti e simbolismi, memorizzeranno, relazioneranno. Ma la consapevolezza è quella, come spiega il presidente dell'Anticorruzione, Raffaele Cantone, che i partiti rientrano nel recinto di una «giurisdizione chiusa», dove per espressa omissione costituzionale non è nemmeno prevista l'organizzazione democratica e tutto è riconducibile alle regole che un partito si dà, o non si dà. O fa rispettare. O consenta che siano violate. Tutto questo mentre in Parlamento galleggiano, con tanti «se» e troppi ma», disegni di legge in materia, senza che nessuno spinga in modo deciso sulla definizione di norme.Quel che emerge dalle riprese televisive all'esterno di alcuni seggi delle primarie a Napoli impone, senza dubbio, l'esigenza di ripensare le forme della dialettica politica. C'è bisogno, innanzitutto, di credibilità riconosciuta e condivisa delle regole del gioco, senza cedere alla tentazione del «light» in nome di un distorto concetto della spontanea partecipazione al processo di scelta.Continuando così, esponendo le primarie al ripetuto ludibrio del dubbio e dell'imbroglio pianificabile, piccolo o grande che sia, non si rende un buon servizio alla politica e alla credibilità dei partiti, sempre più pericolosamente lontani dai processi di intermediazione con i cittadini. E la selezione delle classi dirigenti resta un miraggio. Serve a poco, insomma, l'adozione dello strumento primarie se queste, traslate con italica leggerezza dal sistema americano, puntualmente non si dimostrano quel che dovrebbero essere. Piuttosto si risolvono in una distorta «transazione di coscienza», con il mondo reale sempre sullo sfondo, consapevolmente ed amaramente più lontano dalla politica.
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Il Mattino