Protezione Civile, ecco dove s’inceppa l’allerta

Protezione Civile, ecco dove s’inceppa l’allerta
Chi deve intervenire? Quando? Chi prende le decisioni? Sembrano domandine banali ma se la questione riguarda la Protezione Civile diventano questioni di determinante importanza....

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Chi deve intervenire? Quando? Chi prende le decisioni? Sembrano domandine banali ma se la questione riguarda la Protezione Civile diventano questioni di determinante importanza. Lo sono ancora di più oggi, con la città ancora sconvolta per la morte di Davide e le amministrazioni che giocano al rimpiattino sulle responsabilità per l’allerta meteo. Alla fine, sappiatelo, non scopriremo se c’è un colpevole per il caos sulla gestione dell’allerta di lunedì scorso (e di quelle che verranno), però almeno comprenderemo quant’è complicato e difficile da interpretare il mondo della protezione civile locale. 

I BOLLETTINI
Tutto il meccanismo si innesca quando la Protezione Civile Regionale dirama i bollettini meteo quotidiani. Si tratta di documenti nei quali si analizzano le condizioni atmosferiche e si danno indicazioni di massima ai Comuni. La Campania viene divisa in otto macro zone e per ognuna delle zone viene diramato un bollettino meteo al quale si allega una mappa con il pericolo idrogeologico che ha un colore: verde significa che tutto è tranquillo, rosso indica pericolo massimo, giallo e arancione sono i livelli intermedi. Tutta la mappa dei colori, però, ricordatelo, è riferita esclusivamente al fronte idrogeologico. Insomma per capirci, un’allerta «verde» indica che non c’è nessun pericolo di frane o allagamenti perché non ci sarà pioggia. Però un bollettino che segnala allarme basso sul fronte idrogeologico potrebbe contenere un allarme elevato per le raffiche di vento o per il mare mosso o per il pericolo di ghiaccio o di nevicate. Insomma, d’oggi in poi quando sentite che si parla di un allarme «colorato», sappiate che quell’allarme riguarda soltanto la pioggia e le conseguenze che questa può generare sul territorio.
Il VENTO
Prendiamo ad esempio il bollettino che riguardava la giornata di lunedì, quella del grande vento. Per la «zona 1», quella in cui rientra la città di Napoli, era prevista un’allerta di colore giallo, cioè moderata sul fronte idrogeologico, e infatti la pioggia non è stata torrenziale. In quel documento, però, era chiarito che ci sarebbe stato un vento sostenuto: «I venti spireranno forti sud-orientali, molto forti sulle zone costiere, con possibili raffiche nei temporali, ma con tendenza a divenire sud-occidentali dal pomeriggio. Il mare si presenterà agitato o molto agitato, con possibili mareggiate lungo le coste esposte», aveva scritto il meteorologo. E il documento, sulla scorta di quelle previsioni, nelle indicazioni ai sindaci spiegava che era necessario «prestare particolare attenzione a tutte le strutture soggette alle sollecitazioni dei venti (pali della pubblica illuminazione, strutture provvisorie, gazebo, ecc.) e le aree alberate del verde pubblico».
Insomma, il messaggio di quello specifico comunicato sembra ben chiaro e intellegibile: ci sarà vento forte, sappiatelo e prendete contromisure.
IL PIANO DI EMERGENZA
Ma cosa accade quando la Protezione Civile spedisce un comunicato di allerta al Comune di Napoli? Il documento viene inviato con posta elettronica certificata e viene considerato validato solo se arriva un messaggio ufficiale di ricezione, cosa che accade con puntualità da parte di palazzo San Giacomo. Il Comune di Napoli, infatti, ha un ufficio di protezione civile attivo 24 ore su 24 con presidio fisso proprio per reagire in tempo reale alle possibili emergenze.
In quell’ufficio, quando arriva un bollettino, scatta una procedura prestabilita: viene subito allertato il sindaco che è il capo della Protezione civile comunale, poi si passa agli avvisi «mirati» ai servizi coinvolti: se è prevista pioggia battente si chiede l’immediata attivazione del servizio fognature e della polizia municipale; se sono previste gelate si avvisa l’ufficio viabilità che prevede la chiusura delle strade a rischio slittamento e mette i campo le scorte di sale per eliminare il pericolo del ghiaccio.
Ma quando interviene il sindaco? Praticamente c’è in ogni momento perché viene avvisato di tutte le procedure, delle variazioni meteorologiche e di quel che accade nei singoli territori, in modo da poter prendere decisioni come quella di chiudere le scuole di tutta la città o di una determinata area.
LE PREVISIONI
Il vero problema è che il Comune di Napoli, come tutti gli altri comuni d’Italia, non ha un autonomo servizio di previsioni meteo, così si affida totalmente nelle mani delle previsioni della Protezione Civile regionale che, però, non sono puntuali per ogni porzione del territorio della città. Ecco, dunque, che durante una situazione di allerta, se non arrivano notizie da Santa Lucia, bisogna regolarsi «a occhio», guardando il cielo per capire come evolve la situazione.
Il Comune ha un accurato piano di emergenza che prevede contromosse in caso di allagamenti, frane, terremoti, persino eruzioni vulcaniche. Non c’è nulla di specifico per quel che riguarda il vento. Il motivo è semplice: la gestione ideale di una città non prevede che ci siano 1.700 alberi a rischio crollo sul territorio urbano, anche perché in tutto il mondo civile quando si scopre che un albero può crollare sulla testa di una persona, si provvede immediatamente all’abbattimento. Qui a Napoli non è possibile: vi diranno a Palazzo San Giacomo che è colpa dei tagli ai finanziamenti che consentono di eliminare 180 alberi pericolanti in un anno, a dispetto dei 1.700 che andrebbero buttati giù in una settimana.
LE REAZIONI
C’è, ovviamente, anche qualche falla nel sistema di protezione civile comunale. I messaggi di allerta diramati agli uffici, ad esempio, sono spediti via mail ad indirizzi prestabiliti. Così accade (spesso, purtroppo) che un’allerta lanciata di venerdì sera venga «scoperta» solo al successivo lunedì mattina quando gli uffici comunali riaprono.
Accade pure che, siccome un pericolo come quello del vento è improvviso e difficilmente arginabile, da Palazzo San Giacomo qualcuno risponda che non è possibile mettersi a sorreggere 1.700 alberi, anche se c’è l’allerta meteo: risposta corretta, il problema è che non dovrebbero proprio esserci tanti alberi a rischio sul territorio urbano, ma questo tema sfugge alla questione della Protezione Civile.
GLI INTERVENTI
Qual è la norma che regola le azioni di un sindaco di fronte a un’emergenza di Protezione Civile? Bella domanda, ma purtroppo senza risposta. Pur essendo il primo e spesso unico responsabile in caso di tragedia, un sindaco, compreso quello di Napoli, non ha nessun punto di riferimento sulle azioni da intraprendere: deve decidere secondo le sue competenze, il suo istinto, la sua propensione al rischio. Insomma, non esiste un prontuario che spiega quando vanno chiuse le scuole, limitata la circolazione, bloccato l’accesso agli uffici pubblici. Ognuno decide per proprio conto, fino a quando entra in campo il Prefetto.
E qui si apre un altro capitolo abbastanza nebuloso della vicenda. Se anche per il Prefetto sono stabilite modalità operative puntuali e concrete, non esiste un modo per capire quando il Prefetto deve entrare in azione sul fronte della protezione civile. Accade, come è successo lunedì, che lo faccia su sollecitazione del Governo, ma per il resto degli interventi anche al Prefetto è lasciata discrezionalità, anche in quel caso le scelte sono soggettive.
Il viaggio nel mondo della protezione civile si arena esattamente in questo punto. Esistono tante norme operative, non esiste nessun prontuario per decidere quando fare le cose e se farle: tutto è lasciato alla sensibilità personale. 

La sensazione è che ogni intervento sia dettato dalla necessità di «stare a posto» e non avere guai con la magistratura in caso di tragedie, ma si tratta solo di una sensazione, ovviamente. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino