Raffaele Cutolo, morto un anno fa: a Ottaviano messa e manifesti per ricordare “l'anima benedetta”

Raffaele Cutolo, morto un anno fa: a Ottaviano messa e manifesti per ricordare “l'anima benedetta”
«In suffragio dell’anima benedetta di Raffaele Cutolo». A un anno dalla morte del boss fondatore della Nuova Camorra Organizzata in un ospedale di Parma, la...

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«In suffragio dell’anima benedetta di Raffaele Cutolo». A un anno dalla morte del boss fondatore della Nuova Camorra Organizzata in un ospedale di Parma, la famiglia ha annunciato con manifesti funebri una messa in suffragio nella chiesa di San Francesco di Paola, ad Ottaviano. Ricordandolo «con immenso amore». La celebrazione si è tenuta alle 18, una messa vespertina celebrata dal parroco don Vittorio Garzone. «Non sapevo nemmeno dei manifesti – dice il parroco – la messa era quella vespertina di ogni giovedì, il secondo dei quindici in devozione di Santa Rita, preparandoci alla festa del 22 maggio». Profilo basso, niente folla, nessun altro commento da parte del parroco. Chiesa piena ma non troppo, nessun eccesso. Una discrezione evidentemente necessaria perché quel ricordo fosse consentito, tant’è che nemmeno sui social l’omaggio alla «memoria» era rimbalzato. Solo quei manifesti e il nome di Cutolo risuonato in chiesa con l’invito ai presenti a pregare per il defunto.

Una preghiera che è parsa eresia a tanti, come il consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli che ieri ha voluto rimpinguare la dose con una diretta social, rintuzzando chi sosteneva che a giudicare può essere solo Dio. «Altro che anima benedetta, bisognerebbe maledirlo in eterno, ricorderemo Cutolo come un boss sanguinario di camorra e con immenso disprezzo. Pensiamo alle vittime delle sue malefatte e al cattivo esempio che ha dato ad intere generazioni». Già, le vittime. Le ricorda bene il giornalista e senatore Sandro Ruotolo che qualche anno fa intervistò Rosetta Cutolo, sorella del boss, in un video che ancora oggi gira su TikTok quasi a far da contraltare al sottobosco che proprio su quel social la camorra la celebra ogni giorno. «Trovo drammatico, esecrabile, la definizione di “anima benedetta” riferita a Cutolo – commenta Ruotolo – sentendo quel nome io penso alle vittime, alla famiglia di Marcello Torre e alle centinaia e centinaia di morti ammazzati. Si può essere credenti o non credenti, pensare che esista un’anima o no, a me spiace solamente che sia morto senza dire la verità, sulla trattativa per il sequestro Cirillo e su tanto altro». 

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L’ombra delle vittime come Marcello Torre pesa come un macigno sull’omaggio a un anno dalla morte: era il sindaco di Pagani, Torre. Si oppose alle pretese della camorra sulla ricostruzione e pagò con la vita. Come il capo della squadra mobile di Napoli Antonio Ammaturo e l’agente di scorta Pasquale Paola, come Giuseppe Salvia, ucciso il 14 aprile dell’81 ad appena 38 anni. Mai si è pentito dinanzi alla legge, Raffaele Cutolo. Non ha avuto un funerale, quel 17 febbraio del 2021 quando morì per setticemia a 79 anni, il più anziano detenuto al 41 bis. «Celebrare una messa per uno che ha sulla coscienza tanti omicidi è una cosa che fa male – dice Salvatore Cantone, presidente del comitato Fai Antiracket di Pomigliano d’Arco – se si è cattolici il perdono è cosa intrinseca però bisognava forse rendere almeno la celebrazione estremamente riservata, non affiggere manifesti. Ecco, ci voleva un po’ di pudore. Pudore da parte di tutti». Ed anche Pasquale del Prete che della Fai è coordinatore regionale per la Campania è su questa linea: «Benedetta? Non certo dalle vittime o dai loro familiari – dice – ho vissuto gli anni sanguinari della camorra da imprenditore edile e ne conosco bene la ferocia, chi è stato mandante o fautore di efferati delitti non dovrebbe avere benedizioni. Non entro nel merito di qualcosa come la fede, comprendo l’umana pietà ma a livello morale qualche domanda dovremmo porcela». 


Cutolo doveva scontare quattro ergastoli ed era in carcere dal 15 maggio del 1979, vivendo in pratica la maggior parte della sua vita in carcere ma con un potere che per anni ha prodotto sangue e morte. «Fu boss potente più di un primo ministro – disse allora lo scrittore Roberto Saviano - un potere che lo tenne in carcere tutta la vita, i segreti che si porta nella tomba non riuscirono a ricattare il potere politico che l’aveva usato». Con sé, nella tomba, ha portato i misteri del suo coinvolgimento nel caso Moro, sulle collusioni, sugli affari e i compromessi con la politica e il giallo dei documenti segreti dei quali una volta disse «Moriranno con me». Così è stato. Negatigli i funerali l’anno passato, ci si limitò a una benedizione: esattamente come è avvenuto pochi mesi fa per la sua «nemica» Pupetta Maresca.


 

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Il Mattino