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Una manovra fatta parcheggiando il motorino, la lite, gli sfottò, il tubetto di maionese svuotato in testa a uno dei ragazzi considerati più deboli, uno sgabello scaraventato in aria e infine gli spari, tre colpi che hanno trasformato il pub di piazza Municipio in un Far West e hanno spento per sempre la vita di Giovanbattista Cutolo, 24 anni, studente al Conservatorio di San Pietro a Majella e promettente musicista. Eccola la ricostruzione della tragica dinamica avvenuta all'alba di giovedì nella piazza principale della città. Oggi il 16enne accusato dell'omicidio sarà davanti al gip per l'udienza di convalida del fermo firmato dalla Procura per i minorenni. Intanto l'inchiesta su questo brutale delitto si allarga. Accanto alla Procura per i minorenni scende in campo anche la Procura ordinaria che si occuperà di valutare la posizione dei tre maggiorenni che erano nel pub in compagnia del 16enne al momento dell'omicidio. Atti trasmessi ai pm del Centro direzionale, dunque, e riflettori puntati sulla dinamica della rissa e sul possesso dell'arma per verificare la versione del 16enne secondo cui la pistola gli sarebbe stata passata da un amico di un amico quando all'interno del locale era già scoppiata la lite.
La pistola in questione è una semiautomatica calibro 6,35, un'arma di piccole dimensioni ma in grado di uccidere. Il 16enne che l'ha impugnata contro Giovanbattista, esplodendogli addosso tre colpi in rapida successione, ha raccontato agli inquirenti, una volta identificato e portato in Questura, che si trattava di un'arma a disposizione del suo gruppo. «L'avevamo trovata ai Quartieri Spagnoli e a turno ce la passavamo». Come se fosse un giocattolo. «Avevamo intenzione di venderla». Ma di fatto la portavano con loro durante i giri per la città. Oltre al 16enne, quella notte nel gruppo c'erano anche tre maggiorenni, tutti dei Quartieri Spagnoli. Gli inquirenti stanno svolgendo indagini per valutare il loro eventuale ruolo nella rissa, ed eventualmente nel possesso dell'arma per riscontrare la versione del 16enne che resta, al momento, l'unico indagato per omicidio aggravato, porto e detenzione di arma da fuoco, cioè della semiautomatica con cui Giovanbattista è stato brutalmente ucciso e che la polizia ha ritrovato, nelle ore successive al delitto, nascosta nell'intercapedine di un muro.
Quando si è visto messo alle strette, ormai identificato dagli agenti della squadra mobile diretta dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini e dai risultati delle serrate indagini che in poche ore avevano delineato i fatti, il 16enne ha ammesso: «Sì sono stato io, ma».
Per completare la ricostruzione della dinamica dei fatti saranno inoltre utili i video delle telecamere di videosorveglianza presenti in zona e le testimonianze di chi all'alba di giovedì si è trovato ad assistere a questo assurdo massacro. Tutto iniziato per un banalissimo motivo: «Oh, hai urtato il mio motorino», ha urlato uno del gruppo del 16enne a uno degli amici di Giovanbattista che aveva appena parcheggiato lo scooter fuori al pub. La discussione è proseguita all'interno del locale tra sfottò e sguardi truci, fino all'umiliazione impartita con la maionese versata sulla testa del proprietario dello scooter preso di mira e infine la rissa e gli spari.
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