Edilizia e recovery, alla Campania 7,4 miliardi: è la prima Regione per distribuzione dei fondi

Edilizia e recovery, alla Campania 7,4 miliardi: è la prima Regione per distribuzione dei fondi
Alle costruzioni andranno 44,8 degli 82 miliardi previsti dal Pnrr per il Mezzogiorno (pari al 55% del totale), attraverso la riserva di legge del 40%. Rappresentano il 41,4% del...

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Alle costruzioni andranno 44,8 degli 82 miliardi previsti dal Pnrr per il Mezzogiorno (pari al 55% del totale), attraverso la riserva di legge del 40%. Rappresentano il 41,4% del totale delle risorse disponibili a livello nazionale per l’edilizia (108 miliardi) ma, soprattutto, sono soldi territorializzati più in fretta del resto del Paese. Al Sud, infatti, in base al vincolo di destinazione delle opere indicato nel Pnrr e quindi alla loro localizzazione territoriale, risultano già assegnati 24,2 miliardi, il 54% dei fondi destinati all’edilizia nell’area. Il Centro-Nord non arriva al 50%. È l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori, ad avere calcolato importi e percentuali, sicuramente inediti, attraverso il Centro studi diretto da Flavio Monosilio, e ad averli presentati ieri in un convegno a Manduria, in Puglia, dal titolo assai significativo: «Locomotiva Sud. Come il Mezzogiorno può trainare la ripresa attraverso il Pnrr». Per “costruzioni”, va detto, si intende nella ricerca tutto ciò che riguarda la filiera dell’edilizia, dalle infrastrutture al trasporto sostenibile, dal Superbonus 110% alle Zes, fino agli interventi di edilizia sanitaria previsti dalla missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Insomma, tutto ciò che può garantire una ricaduta certa e forte al settore, candidandolo nuovamente a punto di riferimento obbligato della crescita del Mezzogiorno, punto obbligato per il rilancio dell’intero Paese.

Lo si capisce anche dando un’occhiata alla distribuzione regionale, sempre in base allo studio Ance, degli investimenti territorializzati. Ai primissimi posti ci sono tre regioni del Sud: la Campania (prima in assoluto) con 7,4 miliardi, la Sicilia con 5,1 (quarta) e la Puglia (sesta) con 3,9. A seguire Abruzzo (2,7 miliardi), Calabria (2,3 miliardi) e, in coda, Basilicata con 762 milioni e Molise con 591. È chiaro che le infrastrutture per la mobilità già progettate o in corso di realizzazione, come nel caso dell’alta velocità Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria, incidono non poco sull’ammontare delle risorse già assegnate ai territori. Ma intanto continua a crescere l’utilizzo del Superbonus 110% (a fine settembre al Sud si contavano 15.100 interventi, pari a 2,6 miliardi, più di un terzo del dato complessivo). E poi dall’analisi Ance emerge anche che queste e altre risorse (96 i miliardi per le sole infrastrutture destinati al Sud tra Pnrr, Fondi strutturali Ue e Fondo sviluppo e coesione) determineranno una ricaduta assai significativa per la filiera edilizia meridionale: per essa già si stima un tasso di crescita attorno al 9% nel 2021, dopo l’ultradecennale crisi che ha estromesso dal mercato 30 mila imprese meridionali e 245 mila posti di lavoro. Inoltre, secondo le ultime previsioni di Prometeia, nel 2022 il Sud sarà davvero la “locomotiva” d’Italia con una crescita del Pil pari al 4,1%, superiore al Centro e al Nord (rispettivamente +3,7% e +3,8%).

Parte di questa ripresa, però, avvertono i costruttori, dipenderà soprattutto dalla capacità di sfruttare le opportunità offerte dal Pnrr. Cioè dalla capacità di spendere i soldi in arrivo o già arrivati. A giudicare dai fondi europei già spesi al Sud c’è di che deprimersi, ricordano l’economista Gustavo Piga e il presidente Ance Gabriele Buia al dibattito moderato da Bruno Vespa, momento di confronto del meeting organizzato dal vicepresidente Ance Domenico De Bartolomeo: le risorse spese sono appena il 43% del totale contro il 57% del Centro-Nord. E tra le Regioni, solo Puglia e Basilicata superano la media regionale del 48%. «A due anni dalla chiusura dei programmi 2014-2020 restano ancora da spendere 28,7 miliardi di cui 10,8 miliardi relativi a fondi Fesr e Fse dei Programmi regionali», ricorda l’Ance. Ma i nodi da sciogliere, e in fretta visto che il Pnrr scadrà inevitabilmente nel 2026, sono anche altri: vanno dalla scarsa qualità dell’offerta amministrativa del Sud («Conseguenza evidente del blocco del turn over della Pa» dice Buia) ai limiti della tecnocrazia burocratica a tutti i livelli («Persino nell’assegnazione delle risorse ai ministeri previste dalla legge di Bilancio c’è voluto un anno» insiste il presidente Ance). E come se non bastasse bisogna anche fare i conti con l’estrema attenzione con la quale i cosiddetti Paesi “frugali” dell’Ue valutano l’Italia, spiega il capoeconomista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice: «Bisogna spendere per dimostrare loro che di noi ci si può fidare». Di sicuro tra le incognite sul Codice degli appalti, le semplificazioni ancora da migliorare e le difficoltà di ricambio del personale della Pa lo scenario non sembra proprio roseo: «Il rischio del caos c’è» ammette Buia che però è decisamente convinto che «grazie al Pnrr il Mezzogiorno può finalmente ricoprire quel ruolo di traino atteso da tempo per la crescita del Paese. Ora, però, bisogna correre e aprire i cantieri con il coinvolgimento virtuoso delle amministrazioni del territorio».

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Il Mattino