Ricoverata tre volte a Napoli, avvocato di 53 anni muore in ospedale: «È omicidio colposo»

Ricoverata tre volte a Napoli, avvocato di 53 anni muore in ospedale: «È omicidio colposo»
Una donna piena di vita, professionista in carriera, felicemente coniugata, madre di due figli. Amava la palestra (ci andava anche tre volte la settimana) e seguiva con attenzione...

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Una donna piena di vita, professionista in carriera, felicemente coniugata, madre di due figli. Amava la palestra (ci andava anche tre volte la settimana) e seguiva con attenzione un regime alimentare pulito, non aveva eccessi. Era solare e a disposizione del prossimo. È morta in poche ore, dopo una sorta di odissea tra due ospedali cittadini - due volte al Fatebenefratelli e l’ultima visita al Cardarelli - alle prese con consulti, tac, analgesici, esami e antidolorifici. Nulla che abbia per il momento saputo offrire una spiegazione valida per la morte di una professionista napoletana.

Si chiamava Silvana Improta, aveva 53 anni ed era un’affermata civilista del foro di Napoli. Come ogni anno, a fine luglio, aveva portato a termine il lavoro di studio ed era prossima a trascorrere qualche giorno ancora in città, prima di una vacanza assieme al marito, l’assicuratore Francesco Buonomo, e ai due figli, entrambi maggiorenni. Tutto nella norma, fino alla notte tra il 28 e il 29 luglio, secondo quanto emerge dalla denuncia spedita in Procura, che ha spinto gli inquirenti a compiere un’accelerazione nelle indagini. 

È di queste ore la decisione della Procura di Napoli di iscrivere per omicidio colposo alcuni professionisti che hanno avuto in cura l’avvocato 53enne nelle ultime ore di vita. Questa mattina l’autopsia, che vede interessati - oltre al marito e ai figli di Silvana Improta (rappresentati dal penalista Luigi Tuccillo) - anche Susanna A., Michele I., Livia G., Teresa F., Mattia S., medici e sanitari in forza al Fatebenefratelli e al Cardarelli, che hanno avuto in cura la donna nelle ultime ore di vita. Ma restiamo al racconto dell’ultima notte in caso della civilista.

La ricostruisce al Mattino, sulla scorta della denuncia presentata, il marito rimasto vedovo: «Intorno all’una di notte, mia moglie ha accusato dolori addominali enormi. Fortissimi dolori allo stomaco, tanto che ci decidiamo di recarci al Fatebenefratelli. Aveva la pressione altissima, le fanno un antidolorifico, che sembra attenuare la morsa delle fitte, tanto che ci consentono di tornare a casa. Intorno alle sei del mattino, ancora dolori, che ci spingono a fare ritorno in ospedale, sempre al Fatebenefratelli, dove incontra gli stessi sanitari che l’avevano dimessa qualche ora prima. Le fanno una ecoaddome, poi la dimettono. Passano poche ore ancora, ma purtroppo la situazione peggiora. Decidiamo di andare al Cardarelli, dove inizia una nuova trafila che per me resta incomprensibile e su cui chiedo il massimo dell’attenzione investigativa». Il racconto va avanti, sfogliando wup e messaggi di incoraggiamento, che restano l’ultimo contatto tra Silvana e i suoi parenti. Spiega il marito: «Resto fuori dall’ospedale, lei è dentro e soffre. Mi scrive che il dolore è alto, ha vomito e fitte dietro la schiena, parla a stento. Riesce a passarmi al telefono una dottoressa che comunque mi tranquillizza. Trascorrono le ore, aspetto assieme ad altri parenti di pazienti in un giardino del Cardarelli, mi convinco addirittura che se non vengono medici a parlarmi, vuol dire che la situazione è sotto controllo. 

Alle 21.30, mia moglie mi informa che vogliono farle una tac con mezzo di contrasto, mentre a mezzanotte riesco a parlare con una dottoressa che mi accenna a un problema». In che cosa consisteva? «Mi parla di una vena rigonfiata a livello epatico, mi accenna alla possibilità di un intervento chirurgico, anche se mi fa capire in modo chiaro che non si tratta di un caso complesso. La situazione è sotto controllo - mi dice la dottoressa - non è un caso grave, tanto che mi dice che posso anche tornare a casa per qualche ora di sonno». Purtroppo però la situazione degenera. «Alle 4.30 - aggiunge - mi chiama la dottoressa facendomi una domanda strana. Mi chiede se mia moglie avesse mai avvertito episodi di epilessia. Le chiedo il senso di quella domanda, dal momento che non ha mai avuto un simile problema. Mi accenna al fatto che ormai la situazione è degenerata, tanto da aver condotto mia moglie in rianimazione». Drammatico l’epilogo di questa storia. «Mi precipito in ospedale con mio figlio, la dottoressa mi dice che mia moglie è morta in preda a un attacco di epilessia. Sono stato tre volte in ospedale in poche ore, pretendo verità sulla fine di una donna sana passata tre volte in due ospedali cittadini prima di morire». 

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Il Mattino