Vuole incontrare la famiglia «quanto prima per esprimere la vicinanza dello Stato». Il ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio, promette: «C'è il...
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«Sin dall'inizio abbiamo seguito con la massima attenzione» il caso, sostiene il ministro, spiegando che «la nostra ambasciata a Bogotà si è messa in contatto con le autorità colombiane e i familiari e la Farnesina incoraggia l'Onu a fare il massimo». A distanza di 10 giorni «le indagini della polizia locale sono in corso e le autorità colombiane ci hanno assicurato che il caso è di assoluta priorità anche per loro ed è seguito al più alto livello, direttamente dal procuratore generale con la sua vice, un magistrato specializzato, un team forense speciale e investigatori esperti per giungere alla verità quanto prima», spiega Di Maio. Quanto all'autopsia, eseguita il 17 luglio, «attendiamo il risultato», il rimpatrio della salma è fissato per oggi.
Interpellata direttamente dal Mattino, la Fiscalía general de Colombia spiega che «si stanno sviluppando tutte le indagini utili a chiarire i fatti relativi alla morte di Paciolla». E, proprio per cercare la verità, «un duro lavoro viene svolto a fianco dell'ambasciata italiana, dell'organizzazione delle Nazioni Unite e del nostro ministero degli Affari esteri. Con massima diligenza e precisione che il caso esige». Come da prassi in queste circostanze, ulteriori accertamenti sono previsti dalle autorità giudiziarie italiane: la competenza è della Procura di Roma che già nelle prossime ore potrebbe ripetere gli esami di medicina legale. A sollecitare l'intervento del ministro Di Maio, a Palazzo Madama, una interrogazione urgente presentata dai parlamentari Sandro Ruotolo con Loredana De Petris e Vasco Errani. «La parola giusta è pretendere dalle Nazioni Unite la massima collaborazione con le autorità italiane e con i legali della famiglia», dice Ruotolo, che aggiunge: «C'è un silenzio assordante da parte dei responsabili dell'Onu». Dalle lacerazioni sui polsi al coltello mai rinvenuto, tanti punti restano da chiarire sul ritrovamento del corpo senza vita nell'abitazione a San Vicente del Caguan, località a 650 chilometri da Bogotà. Fino al biglietto aereo preso per tornare a Napoli, il 20 luglio scorso, secondo quanto riferito dalla mamma Anna Motta che ha immediatamente escluso si trattasse di un suicidio e segnalato le preoccupazioni del figlio.
Di discussioni con i compagni di lavoro, la giornalista Claudia Julieta Duque, amica di Mario, ha poi scritto su El Espectador, il giornale di Marquez: affermazioni forti che hanno spinto l'ex sottosegretario Gennaro Migliore a chiedere che l'articolo sia acquisito dalle autorità giudiziarie italiane.
«Il nostro connazionale era cooperante Onu ed era impegnato da due anni con le Nazioni Unite in un progetto che mirava a riconvertire gli ex combattenti al lavoro nei campi e svolgeva il monitoraggio per il rispetto degli accordi di pace tra il Governo colombiano e le Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia», riepiloga Ruotolo nel corso dei lavori in Aula, ricordando la mobilitazione di Napoli e le 55mila firme raccolte on line. «Vista la gravità dei fatti e il turbamento e lo sconcerto nell'opinione pubblica - prosegue - sollecitiamo il ministro al massimo impegno nei confronti del governo colombiano e ad adottare tutte le iniziative affinché si svolgano le opportune indagini per giungere a risposte convincenti». E, insiste, «per ottenere queste risposte, c'è bisogno della massima collaborazione delle Nazioni Unite».
Migliore assieme al deputato Paolo Siani e ad altri 28 parlamentari è firmatario di un'interpellanza urgente finalizzata a respingere «verità di comodo». Perché anche «cosa è accaduto nei giorni subito precedenti al ritrovamento del corpo non è ancora chiaro, né è stato in alcun modo ricostruito dalle autorità colombiane». Tra le richieste, c'è quella di convocare l'ambasciatore della Colombia in Italia e la rappresentanza italiana all'Onu. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino