Rione Terra, libera la passeggiata: via all'abbattimento dell'ecomostro di «Vicienzo a mmare»

Rione Terra, libera la passeggiata: via all'abbattimento dell'ecomostro di «Vicienzo a mmare»
Nel 1949 gli italiani si appassionarono alla storia d'amore melodrammatica portata al cinema da Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson: la scena-cult del film «Catene»,...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Nel 1949 gli italiani si appassionarono alla storia d'amore melodrammatica portata al cinema da Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson: la scena-cult del film «Catene», nella quale la donna incontra un suo giovane amante, si gira nel ristorante «Vicienzo a mmare» sul lungomare di via Napoli a Pozzuoli che, dopo una lunga e tortuosa vicenda tra ricorsi e carte bollate, da domani sarà demolito, con il suo scheletro di cemento e ferro arruginito divenuto anno dopo anno un ecomostro. Una storia di burocrazia lenta e di programmazione urbanistica che sembra il copione di un film da neorealismo d'appendice, come le pellicole girate da Domenico Modugno e Luigi Zampa negli anni Cinquanta in quel ristorante che sorgeva ai piedi del Rione Terra.

Nel 1600 i frati Cappuccini costruirono in quel punto, dal panorama mozzafiato sul golfo, il loro convento. Ma duecento anni dopo, per colpa dell'erosione delle maree e del bradisismo, il convento fu abbandonato e divenne una struttura semidiroccata, inabissata nelle acque di Pozzuoli. E intorno al 1880 il gastronomo napoletano Gennaro Polisano pensò di farci una trattoria che poi, agli inizi del secolo scorso, diventò il rinomato ristorante set cinematografico delle pellicole strappalacrime del cinema neorealista. Fu l'apice, prima dell'oblio per colpa della crisi bradisismica e dell'incuria che portò intorno al 1973 alla chiusura del ristorante, infine essere raso al suolo. I nuovi proprietari del suolo chiesero quindi al Comune di potervi ricostruire l'immobile, incaricando gli architetti Mario Bucchignani e Alfonso Beraglia di progettare un centro polivalente in cemento armato su quelle sponde, un tempo romantico belvedere del ristorante. Richiesta accolta, con la licenza edilizia rilasciata il 23 marzo del 1983 e confermata nel giugno del 1986. E qui inizia il secondo tempo della storia, che smette i panni della bellezza e del lustro per indossare quelli dell'abbandono e dell'oblio. L'edificio, moderno e funzionale, ideato da Bucchignani a picco sul mare, resta sulla carta. La realtà è, invece, un ammasso di cemento grezzo e ferro, mangiato dalla salsedine e coperto dalle scritte spray lasciate da comitive di ragazzi. Un «ecomostro», come viene ribattezzato ufficialmente negli atti del Comune di Pozzuoli, che dal 2005 in poi chiede alla soprintendenza di intervenire e ne reclama l'abbattimento per presunto abuso edilizio. 

Inizia la vicenda giudiziaria, che si svolge tra le aule del tribunale amministrativo regionale e, poi, del Consiglio di Stato. Quasi 40 anni di ricorsi, perizie di parte, memorie storiche prima ancora che tecnico-urbanistiche che si chiudono nel 2019 con la sentenza del Consiglio di Stato che stabilisce definitivamente che quella struttura, sebbene un pugno nell'occhio nello skyline del lungomare di Pozzuoli, non è abusiva e per essere abbattuta i proprietari devono essere prima indennizzati. Episodi che rallentano i lavori del progetto PiuEuropa, finanziati dall'Ue per il completo rifacimento dell'intero lungomare di Pozzuoli, da La Pietra fino ai piedi del Rione Terra. Il fantasma di «Vicienz a mmare» aleggia sul nuovo volto di Pozzuoli e resta lì, come un perenne esempio di una visione urbanistica aggressiva e spinta. Il Comune non si arrende e, sull'onda emotiva dell'abbattimento dell'ecomostro di Alimuri, torna alla carica e spinge per trovare una via di uscita e demolire anche a Pozzuoli quel rudere, che imbruttisce le foto ricordo dal Rione Terra e sembra il segno di un passato che non passa. Fino all'approvazione, nel dicembre del 2020, del nuovo progetto del secondo lotto di collegamento Via Napoli-Rione Terra per 2 milioni e mezzo di euro, compresi i fondi per indennizzare i proprietari. 

Da domani iniziano i lavori di demolizione che dureranno un paio di settimane. «È una svolta per la nostra città e per la bellezza del nostro lungomare - dice gongolante il sindaco Vincenzo Figliolia - Ci ho messo dieci anni, ma alla fine quell'ecomostro sarà abbattuto. Senza quello scheletro di cemento, per anni inutilizzato e dannoso per il territorio e il paesaggio, avremo una linea di costa libera e fruibile da tutti. Un risultato storico». A seguire i lavori sarà l'assessore ai Lavori pubblici Vincenzo Aulitto: al posto del vecchio edificio sorgerà un parco urbano attrezzato con fontane e giochi di luce. E un videomapping che proietterà quella scena famosa del film «Catene».

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino