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«Il rischio vulcanico non è una condanna ineluttabile per la popolazione partenopea bensì un pericolo che va mitigato con scelte urbanistiche appropriate, ricerca scientifica e investimenti tecnologici. Un suggerimento sembra arrivare dal Santo “vulcanico” per eccellenza, San Gennaro che indica al suo popolo una possibile via di fuga ad una eventuale parossistica/distruttiva eruzione del Vesuvio o dei Campi Flegrei». Lo ha dichiarato Antonio Coviello , ricercatore Iriss Cnr, in apertura del webinar sui rischi vulcanici organizzato dall’Istituto di ricerca e servizi per l’innovazione diretto dal professor Massimo Clemente.
«Secondo i piani di evacuazione finora predisposti, in caso di segnali di eruzione in queste aree, un numero consistente di abitanti campani si mobilizzerebbero (in tre giorni al massimo), dispersi tra tutte le altre regioni d’Italia (circa 700mila dall’area Vesuviana, circa 600mila da quella Flegrea).
Il direttore Clemente ha evidenziato l’impegno costante dei ricercatori della struttura partenopea. «Per rendere razionale e fattibile, socialmente ed economicamente la mitigazione del rischio vulcanico nell’area napoletana - ha sottolineato Clemente - un gruppo di lavoro multidisciplinare di vari enti sta progettando delle soluzioni alternative, basate sulle più avanzate conoscenze vulcanologiche integrate con considerazioni logistiche, urbanistiche, sociali, economiche».
Adriano Giannola, presidente dello Svimez ha osservato che «sull’asse Napoli-Bari, dove è stata realizzata la ferrovia ad alta capacità, che passa per zone interne di Campania e Puglia come l’Irpinia, il Sannio, le Murge, tutte aree in desertificazione produttiva e demografica, bisogna imporre nuove direzioni strategiche. Trasferendo funzioni pubbliche lungo questo percorso che deve attirare con sè nuovi modelli di sviluppo che diventano, al tempo stesso, le principali azioni di decongestionamento delle aree a rischio. Un modo eccellente per coniugare sicurezza pubblica e nuovo sviluppo».
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