Lui la definisce una gouache della città, un ritratto tra battute, monologhi, personaggi, storie, aneddoti, canzoni e poesie, mescolando risata ed emozione. Il tutto sotto...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
C’è una messaggio dietro la dedica, Rivieccio?
«C’è un intento che alla fine apparirà chiaro: dare il mio contributo per provare a cambiare una realtà che offusca lo splendore di una delle città più belle del mondo. Sospetto che, a scuola, il giudizio su Napoli sarebbe: “È intelligente ma svogliata, potrebbe fare di più: insomma non si applica!”. Ecco, diciamo che abbiamo ancora un secondo quadrimestre per recuperare e dimostrare che meritiamo di essere promossi a pieni voti. Bisogna solo avere pazienza, che per noi napoletani è una caratteristica di cui abbiamo il ministero: naturalmente senza portafogli. Siamo destinati sempre ad aspettare qualcosa o qualcuno per migliorare la nostra condizione».
La formula «one man show» è la sua prediletta?
«È indubbiamente l’abito in cui mi sento davvero me stesso, perché ci sono la musica e il teatro che vanno a braccetto. Ma questo è un po’ speciale perché al centro c’è Napoli, che è un continuo crocevia di gioie e dolori. Ora sento di avere la maturità e l’esperienza di potermi permettere di dire certe cose, di porre in risalto i pregi e le debolezze. Devo dire che anche il pubblico lo apprezza tantissimo, perché ritrova in questo show un po’ la sua anima, le sue sensazioni. Si ride tanto, ovviamente, perché è innanzitutto uno spettacolo comico. Ma c’è spazio anche per la poesia e per le emozioni, soprattutto nel finale, che è una dedica affettuosa a questa Napoli sempre nel mirino e che riceve processi mediatici spesso in maniera studiata e speculativa».
Difficile far ridere parlando di tutto questo?
«No, si ride con amarezza ma si ride. Un esempio? Pare che in occasione dell’ultimo agguato di camorra, la vittima, ancora a terra ferito, la prima cosa che ha detto è stata ”Pe’ piacere nun ‘o facite sapè a Barbara D’Urso”».
E la musica?
«Sarà protagonista, tra grandi classici cantati da Fiorenza Calogero come “Era de maggio”, “Indifferentemente”, “Mandulinata a Napule”, ma anche l’omaggio a Pino Daniele di “Senza ‘e te”, che è un tumulto di emozioni ogni volta che la sento, oppure “Questa Napoli”, un pezzo inedito di Bruno Lanza e Leonardo Barbareschi che canto con trasporto».
E i pezzi comici? Quali numeri ci riserva?
«Non farò l’imitazione di Sarri, perché è più da target televisivo, anche per il trucco. Ma parlo di calcio, ovviamente, commentando la lite tra il nostro allenatore e Mancini riflettendo su quanto questo sport conti e pesi nella vita quotidiana della città. È come un ammortizzatore sociale: quando il Napoli vince, per incanto le buche in strada si chiudono da sole, i bus sono precisi, non c’è traffico. Insomma, nessuno si accorge più dei mille problemi. E poi è davvero al centro di tutto, soprattutto nei bar. A proposito della presa della cittadina di Mosul da parte dello stato islamico, un signore ha commentato: “Hanno preso a Mosul? Speramm’ che è meglio è chella mezza botta ‘e De Guzman”. Ma si parla anche dei riti del ragù o del caffè, della nostra pigrizia epocale o della straordinaria conoscenza dei napoletani riguardo la freschezza del pesce. Non li freghi mai, ti sanno dire pure l’ora della morte della povera spigola». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino