La tempesta era nell'aria. L'avevano annusata gli uomini della Questura di Napoli. Sapendo che dietro la manifestazione di protesta per la presenza di Matteo Salvini a...
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Un'ora e mezza di scontri voluti, cercati da non più di cento-centocinquanta facinorosi: i soliti noti vestiti tutti di nero, chiamateli «black bloc» se vi piace, una minoranza fastidiosa e violenta rispetto a tutto il resto dei manifestanti che pacificamente erano scesi a sfilare per strada. E così, alla fine, Fuorigrotta è stata messa a ferro e fuoco. La cronaca della giornata inizia con un happening in piazza Sannazaro. Già dopo le 13 iniziano a confluire persone di ogni età. Di lì a un'ora e mezzo il popolo che protesta contro le politiche di non accoglienza e che accusa il leader della Lega Nord di essere stato razzista con i meridionali prima ancora che con i migranti inizierà a sfilare sotto il sole verso la Mostra d'Oltremare. Ci sono i movimenti antagonisti, la rete degli immigrati, i movimenti studenteschi, persino i neo-borbonici.
Non mancano i nostalgici sventolano le bandiere cubane, palestinesi, e addirittura dell'Unione Sovietica. Nel corteo si mescolano anche gli uomini della lista «DemA», con alcuni assessori e consiglieri comunali (Ciro Borriello, Roberta Gaeta, Eleonora De Maio, Luigi Zimbaldi, Salvatore Pace, Pietro Rinaldi), e anche la moglie del sindaco Maria Teresa Dolce. Lo speaker in testa al corteo ricorda che «Napoli è città aperta e dell'accoglienza», e che per questo oggi si sfila fino alla Mostra d'Oltremare dove sta per intervenire Salvini, che sulle politiche dell'immigrazione e dell'accoglienza è un po' il clone della Le Pen in Francia. Va tutto bene. Tutto fila liscio fino a quando - scortato da un imponente cordone di sicurezza delle forze dell'ordine - il corteo non arriva nei pressi della Mostra d'Oltremare.
Qui succede qualcosa, nonostante i funzionari della Digos della Questura avessero fino all'ultimo invitato gli organizzatori della manifestazione a evitare forzature dei blocchi e scontri. Improvvisamente alla testa del corteo compare un gruppo di giovani travisati. Indossano sciarpe, cappucci, felpe e maschere scure: impugnano minacciosamente - e in uno schieramento già chiaramente paramilitare, al di là dello striscione - aste e bastoni spuntate chissà come, e da dove. Sono le 17,19 quando - subito dopo aver lanciato provocatoriamente sei petardi contro le finestre del commissariato San Paolo, a due passi dalla Curva A dello stadio - i violenti alla testa del corteo iniziano a dar fuoco alle polveri: un fuoco di fila, un lancio diretto contro il cordone di poliziotti, finanzieri e carabinieri messi a protezione dei cancelli della Mostra d'Oltremare. «Adesso consegneremo il foglio di via a Salvini», grida dagli altoparlanti una voce rabbiosa. È il segnale. Il via libera agli scontri.
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Il Mattino