Fondi ai centri privati, è lite tra Regione Campania e Asl Napoli 1

Fondi ai centri privati, è lite tra Regione Campania e Asl Napoli 1
È scontro aperto tra Regione e manager delle Asl (in particolare la Napoli 1) sulla spinosa questione dei pagamenti riconosciuti ai centri sanitari convenzionati durante i...

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È scontro aperto tra Regione e manager delle Asl (in particolare la Napoli 1) sulla spinosa questione dei pagamenti riconosciuti ai centri sanitari convenzionati durante i mesi del lockdown. Oltre alla questione delle Case di cura, su cui indaga la Corte dei conti, il fronte aperto è quello della Riabilitazione. Per regolare le attività di questo settore Palazzo Santa Lucia ha scelto la strada del decreto dirigenziale (il numero 83 del 10 aprile) che, per i centri che non hanno fatto ricorso alla cassa integrazione, riconosce il 60% del budget mensile senza prestazioni erogate a compenso dei costi fissi di struttura e personale e il restante 40% in proporzione a quanto erogato da conguagliare nell'arco in 12-24 mesi. Il decreto regionale fa espresso richiamo al decreto del governo Cura Italia numero 18 del 17 marzo, emanato a sostegno del Servizio sanitario nazionale e di famiglie, lavoratori e imprese.


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Ebbene la Asl Napoli 1, richiamando la scarsa chiarezza delle norme regionali e nazionali, eccepisce l'incompetenza dell'organo dirigenziale regionale all'adozione del provvedimento e lo disapplica negando i pagamenti. La legge - sostiene la Asl - «suscita notevoli dubbi interpretativi correlati alla scarsa chiarezza del testo». Nel carteggio con i centri accreditati è sempre la Asl ad aggiungere considerazioni riguardo alla «faticosa e contorta enunciazione della norma«. La premessa è che durante l'emergenza Covid sia la legge nazionale che provvedimenti regionali hanno sospeso le attività sociosanitarie socioassistenziali nei centri diurni per anziani e per persone con disabilità psicomotoria e di altro tipo. In base al Cura Italia le Asl e gli altri enti possono stringere accordi diretti con i gestori dei servizi per individuare prestazioni da rendere in altra forma (telemedicina, teleconsulto) da retribuire con quota parte di quanto attribuito al budget delle attività ordinarie. Se le strutture interdette, con il loro personale, mantengono integra l'operatività e sono immediatamente disponibili e in regola con le misure di sicurezza anti Covid, all'atto della ripresa della normale attività deve essere corrisposta un'ulteriore quota correlata ai costi di apertura e un contributo una tantum a copertura delle spese residue incomprimibili».
 
Da tutta questa complessa disamina di norme e leggi la Asl metropolitana ne desume che non sia possibile riconoscere alle strutture private, e segnatamente ai centri di Riabilitazione accreditati con la Asl (pur rimasti operativi e a disposizione rispettando le misure di sicurezza anti Covid), le quote di rimborso fissate dal Decreto regionale 83 all'atto delle ripresa delle normali attività. Viene messa dunque in discussione la validità del decreto regionale stesso: «Nell'alternativa fra applicazione della legge e qualunque atto amministrativo che se ne discosti - scrive la Asl Napoli 1 nel carteggio con i centri accreditati - si ritiene di dover assicurare l'applicazione della prima». In soldoni sono partite le note di credito in cui la Asl Napoli 1 intende recuperare le somme non dovute e riconoscere solo gli importi riferiti a prestazioni effettivamente rese a marzo, aprile e maggio. Pochi spiccioli per garantire il pagamento delle spese fisse e del personale. È chiaro che sullo sfondo c'è il timore, da parte degli uffici, di incappare nel danno erariale su cui indaga la Procura contabile.

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La replica della Direzione generale per la tutela della Salute di Palazzo Santa Lucia, indirizzata ai manager di tutte le Asl, non si è fatta attendere. Duramente stigmatizzata la disapplicazione, da parte della Napoli 1, delle disposizioni emanate con il decreto dirigenziale numero 83. «Un decreto - scrive il direttore generale del settore Salute di Palazzo Santa Lucia - assunto in piena condivisione con l'amministrazione regionale e dopo ampio confronto con le associazioni di categoria e con esponenti delle Asl sulla base del Decreto Cura Italia finalizzato a garantire molteplici obiettivi di rilevante interesse pubblico. Allo stato tale decreto non è oggetto di alcun ricorso amministrativo. Il provvedimento è dunque esecutivo e pienamente efficace». E mentre infuria lo scontro molte strutture sono sull'orlo del fallimento.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino