«Per zempre con Gianni». Scritte sui marmi del '300, migliaia di vandali umiliano Santa Chiara

«Per zempre con Gianni». Scritte sui marmi del '300, migliaia di vandali umiliano Santa Chiara
All’interno dello stemma araldico inciso nel marmo, un bel leone rampante, una mano tremolante e un po’ ignorante ha scritto «Jenny per zempre con Gianni»,...

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All’interno dello stemma araldico inciso nel marmo, un bel leone rampante, una mano tremolante e un po’ ignorante ha scritto «Jenny per zempre con Gianni», è proprio come la leggete, con la esse al contrario che è diventata una zeta.


Basilica di Santa Chiara, vanto della città di Napoli, travolta da migliaia di turisti estasiati e da altrettanti vandali ottusi che, nel corso di decenni, hanno imbrattato ognuno dei sepolcri antichi delle cappelle laterali.

Voi ci perdonerete cari lettori, i più attenti sanno che questo stesso argomento l’abbiamo affrontato sei mesi fa, e prima ancora un anno fa, e tante altre volte ancora: il fatto è che non riusciamo a farcene una ragione e non smettiamo di indignarci di fronte a certe schifezze, così di tanto in tanto ci riaffacciamo dentro la chiesa più bella di Napoli sperando che qualcosa sia cambiato. E invece non cambia mai nulla.

La scritta più antica l’abbiamo individuata perché c’è la data, è del 1972. Siamo tornati a fotografarla e abbiamo scoperto il messaggio di Jenny e Gianni «per zempre»: così il cerchio è completo, da Lello, ignorante vandalo di 44 anni fa, a Jenny, ultima scoperta del 2016. E in mezzo decenni di umiliazioni. I marmi sepolcrali scolpiti da Tino da Camaino, dai fratelli Bernini, sono interamente ricoperti da graffiti. C’è, evidentemente, un’usanza diffusa fra gli studenti: vengono qui dentro, scelgono un morto del 1300 e chiedono la «grazia». Il messaggio più diffuso è «fa che venga promosso», poi ci sono le dichiarazioni d’amore, le richieste di incontrare l’uomo, o la donna, della vita: tutto inciso, con penna o pennarello, sulle opere d’arte della basilica. 

Nell’affascinante penombra della chiesa quelle scritte non si notano, però basta accendere una piccola torcia per scoprire quello schifo.

E quando accendi la torcia sulla tomba, subito piomba su di te una persona che t’interroga: chi sei? Cosa fai? Perché riprendi quelle cose? Hai il permesso? E tu pensi, ma queste persone dove sono quando i vandali imbrattano le tombe? Stanno qui per evitare il degrado o per nasconderlo all’opinione pubblica? La persona gentile giura che «tra poco inizieranno i lavori di restauro», ma l’abbiamo sentita troppe volte questa cantilena per crederci.

Tutt’intorno è un viavai di turisti che, forse, possono non accorgersi dell’aggressione ai marmi sepolcrali ma che certamente non possono fare a meno di scoprire che pure l’esterno della basilica più importante della città è vilipeso e maltrattato. Giusto di fianco all’imponente e antichissimo portone d’ingresso tale «Ici» desiderava far sapere a Francesca Somma d’essere in grado di copiare il testo di una canzone di Jovanotti e ha scritto, con bomboletta spray rossa, in formato due metri e mezzo per un metro e mezzo «A te che sei l’unica al mondo l’unica mia ragione». In questo modo ha regalato all’umanità un saggio della sua incommensurabile stupidità e all’incolpevole Francesca un posto d’onore nel Gotha della vergogna partenopea, niente male.


E niente di nuovo per quella povera basilica gestita dal Ministero dell’Interno (fondo Fec) sulla quale i writer si accaniscono da anni senza che nessuno riesca a fermarli. Sulla bellissima scala laterale che conduce verso il chiostro, in mezzo a centinaia di altre scritte (ne abbiamo contate 323 lungo il perimetro ma certamente saranno di più), una mano ignota con bomboletta spray fucsia ha vergato «tanti auguri amore mio» con tanto di cuore riempito di colore. Due turisti passano a guardano attoniti. Non sono come tanti altri che guardano ridendo, pensando tutto il male possibile. Questi sono affranti, come noi, si chiedono «perché?». Ce lo chiediamo anche noi. Chiediamo anche maggiore controllo ma sappiamo d’essere inascoltati. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino