Torre del Greco. «Ci sono un napoletano, un iracheno e un turco». Non è l'incipit di una storiella da bar ma l'inizio della favola di Antonio Riccio, 28...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
L'avventura parte nel 2010 da una piccola bottega a Torre del Greco: «È stata la mia palestra, ho cominciato con camicie e cravatte, poi sono arrivati abiti, giacche e pantaloni: tutto cucito a mano, anche le impunture, ogni dettaglio è frutto del lavoro dell'uomo». Due anni dopo la svolta con l'apertura di un negozio a Milano e il lancio di una capsule collection: «Una scommessa vinta - ricorda Antonio Riccio -. Lì ho conosciuto i miei futuri soci arabi». Farhang Arab Mamal, 28 anni, businessman curdo-iraqueno e Murat Demirel, 27 anni, fashion designer di Van, Turchia: i tre giovani fondano Sartoria Napoletana Luxury e aprono un negozio nell'hotel Rotana di Erbil. «Abbiamo realizzato abiti per gli sceicchi arabi e vestito i principi della famiglia reale. All'inizio, però, è stata dura - confessa Antonio -. Ho una bimba di un anno e quando parto penso sempre a lei». Lasciare Torre del Greco ogni mese per andare a Erbil «vuol dire rischiare la vita tra attentati a Bagdad, venti di guerra dal confine turco e le minacce dell'Isis. Ma la passione - racconta fiero - è più forte della paura».
Grazie al consolato italiano - che ad ogni viaggio di Antonio segnala alla Farnesina la sua posizione - due anni dopo l'azienda raddoppia: il gruppo debutta in Turchia con un atelier a Istanbul in collaborazione col designer Enis Inci. Subito dopo Sartoria Napoletana Luxury lascia l'ambiente ovattato dell'hotel Rotana e apre su strada: 180 metri di showroom nel Vital Village, il distretto dello shopping di Erbill. Ieri sera l'inaugurazione: «Mi sono commosso: sono orgoglioso della mia azienda e di ogni singolo abito che produco». Il progetto è ambizioso: «Far innamorare dello stile napoletano un popolo lontano anni luce dai nostri costumi».
E il giovane façonista ci riesce, spuntandola sui musulmani: l'insegna del negozio è in italiano, le etichette delle giacche in dialetto stretto, la voce da scugnizzo di Pino Daniele accoglie i clienti islamici e le corna rosse, il più classico amuleto del folklore vesuviano, diventano il logo del brand. «Ormai parlo l'arabo ma mantengo la tradizione - dice orgoglioso -. Produciamo in una fabbrica del vesuviano, ogni pezzo è cucito a mano e abbiamo arredato lo showroom alla maniera di Napoli».
Tra un divano Chesterfield e il grande tavolo da lavoro dove i sarti tagliano le stoffe, ci sono il ritratto di Totò, il quadretto del Vesuvio e quello del golfo di Marechiaro: «Siamo innamorati dell'Italia e appena possiamo veniamo a Napoli - dicono Murat Demirel e Farhang Arab Mamal -. Vorremmo aprire una scuola per sarti». La sfida al Medio Oriente e ai ricchissimi mercati arabi «è appena lanciata, ora puntiamo agli Emirati, a Dubai e a Doha per portare la maestria napoletana dove non è mai arrivata prima». Sempre se «inshallah, sempre se Dio vuole». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino