Ha fatto i nomi di tutti quelli che, dall'alto, gli chiedevano di firmare carte, di ratificare pratiche e di contribuire a sbloccare soldi pubblici. Ha ricostruito il...
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Gargiulo, lei avrebbe fatto sparire un milione di euro, soldi destinati alla ricerca, a progetti scientifici destinati ai nostri ricercatori...
«La interrompo. Ho ammesso le accuse e ho fornito notizie nuove. Ma non ho mai intascato un milione di euro. Ho ricevuto solo una parte minima, ma se avessi preso quei soldi, li avrebbero trovati. È evidente che centinaia di migliaia di euro sono finiti in altre tasche e non è un caso che ho fatto nomi e ho indicato procedure sospette».
Scusi, ma lei non è quello che acquistava gonfiabili per bambini, la vasca idromassaggio e materiale informatico grazie a progetti fantasma finanziati dallo Stato?
«Sì, sono io. Ma siamo a cinquanta-sessantamila euro di spese che ho ammesso, che ho confessato, spese per le quali sono stato condannato in primo grado, bisognerebbe capire che fine hanno fatto gli altri 950mila euro. È da qui che deve ripartire l'inchiesta ed è su questo punto che ho dato il mio contributo, facendo i nomi dei direttori e dei referenti che mi pressavano perché firmassi, perché ratificassi spese che non ero io - semplice impiegato amministrativo - ad autorizzare».
Che fa scarica sugli altri?
«Mi limito a dire che il potere di spesa non dipendeva da me, ma dipendeva dai direttori che autorizzavano progetti. All'inizio ero un impiegato a tempo determinato, poi sono diventato segretario amministrativo. Non ero io a definire un progetto. Tutto parte dal direttore, che a sua volta viene controllato dall'ufficio programmazione e bilancio di Roma. La mia firma era l'ultimo passaggio della catena».
Lei ha indicato altri filoni, di che si tratta?
«Consulenze. Siamo tra il 2009 e il 2013. Erano nulle, prive di progetto».
Che significa?
«Corrispondevano a mandati di pagamento che io emettevo, da mero esecutore, ma non avevano nulla di concreto, se non per i soldi che venivano sbloccati. Si parte dal singolo ricercatore che propone un progetto, per approdare al direttore che autorizza, vincolandolo a una fonte di spesa, quasi sempre un ente pubblico: parliamo di fondi pon, di finanziamenti europei o di finanziamenti Asl. Insomma, un intero mondo sblocca soldi per qualcosa che esiste solo sulla carta e che se vai a vedere non produce nulla».
Torniamo alle consulenze, come funzionava l'affare?
«Sono reduce da ore di interrogatorio, ho raccontato solo quello di cui sono sicuro: l'oggetto del progetto, il tema finanziato era ripetitivo, come banche dati o ricerche sottomarine, negli anni ho capito che c'era qualcosa di sospetto».
Chi le chiedeva di firmare?
«Mi limito ai nomi già usciti sui giornali. Ricordo che l'ex direttore generale del Cnr mi pressava e mi diceva muoviti a mettere questa firma. Operava assieme all'ex dirigente del settore ricerca dell'istituto ricerca marina (che è una costola del Cnr), poi c'era quello che preparava i preventivi e interagiva con le ditte per le false fatturazioni in cambio di una percentuale della tangente. Ho fatto dei nomi e indicato documenti, sta tutto in mano alla Procura».
Al telefono, c'era chi le urlava: devo avere altri due babà. Cosa intendeva dire?
«L'ex direttore generale mi pressava per due consulenze ferme, su cui la nuova direttrice dello Iamc voleva vederci chiaro: ho spiegato che erano progetti falsi».
Poi c'è la storia dei marsupi del Napoli...
«Zeppi di soldi. Me li davano privati che facevano false fatture per prestazioni inesistenti. A loro finivano dei soldi, c'era un margine, una tangente che io retrocedevo ai miei capi, lì a Calata San Marco. È lì che bisogna scavare».
È pentito?
«Dinanzi alla mia famiglia sì. Ma sono gli altri che ora devono pentirsi».
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Il Mattino