Sfrattati dall'ex bunker dei Gionta, c'è anche lo zio del bomber Ciro Immobile: «Non sono un camorrista»

Sfrattati dall'ex bunker dei Gionta, c'è anche lo zio del bomber Ciro Immobile: «Non sono un camorrista»
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TORRE ANNUNZIATA. «Io non sono un camorrista, sono una persona perbene. Mi hanno trattato come se fossi un delinquente, ho la sensazione di aver perso la mia dignità».



Tra gli sfrattati di Palazzo Fienga - ex roccaforte del clan Gionta - c'è anche lo zio di Ciro Immobile, l'attaccante della Nazionale di calcio. Si chiama Pasquale Immobile, ha 52 anni e insieme alla sua famiglia ha dovuto abbandonare la sua casa a via Castello, situata sul lato destro dell'ex bunker sgomberato dalle forze dell'ordine nei giorni scorsi, in seguito a due provvedimenti emessi dalla Dda e dalla Procura di Torre Annunziata.

Ieri mattina Pasquale è stato accompagnato da un agente di polizia locale a casa sua per l'ultima volta, per prendere i suoi oggetti personali, prima di abbandonarla per sempre: «Non mi importa delle cose materiali- si sfoga - quello che mi dispiace è di essere accomunato al clan Gionta. Io non abitavo nella loro roccaforte, ma dal lato opposto: hanno sequestrato la mia abitazione solo perché un balcone affaccia nel cortile controllato dalla cosca». Poi il racconto: «Sono in cassa integrazione da anni, lavoravo all'Avis di Castellammare (azienda di materiale ferroviario ndr) e aspetto da anni una nuova opportunità.







Da giovane giocavo a calcio, come mio nipote, poi ho dovuto smettere per problemi di salute. Non ho ancora avuto modo di telefonare a Ciro per raccontargli della mia disavventura, sono venuti a trovarmi i suoi genitori».



Ieri mattina quando è tornato nella sua vecchia casa, in quelle stanze piene di ricordi, Pasquale ha avvertito un lieve malore. Ma si è subito sentito meglio, non c'è stato bisogno di chiamare i soccorsi. Vedere le entrate degli appartamenti del primo piano dello stabile murate gli ha messo tristezza. La sua è una storia come tante altre tra gli sfollati di Palazzo Fienga.



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Il Mattino