«Skulls of Napoli», ciondoli e portachiavi per riscoprire il culto delle capuzzelle

Una capuzzella realizzata da Mimmo Lombardo
Napoli ha avuto sempre un rapporto intimo con i propri morti, soprattutto quelli deceduti per eventi violenti o che non avevano avuto degna sepoltura. La credenza popolare voleva...

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Napoli ha avuto sempre un rapporto intimo con i propri morti, soprattutto quelli deceduti per eventi violenti o che non avevano avuto degna sepoltura. La credenza popolare voleva che le loro anime fossero ferme in purgatorio e che cercassero l’intercessione dei vivi per guadagnarsi il passaggio in paradiso. In cambio di questo aiuto le anime “pezzentelle”, così chiamate perché povere e abbandonate, concedevano ai vivi fortuna e protezione, comunicandogli in sogno numeri da giocare a Lotto.

 
Un rapporto strettissimo che diventava addirittura fisico nel culto delle capuzzelle, che consisteva nell’adottare uno delle migliaia di teschi ammassati nel Cimitero delle Fontanelle situato nel rione Sanità. In quest’antica cava di tufo, ormai svuotata, almeno fino al 1836, anno in cui Napoli fu colpita dal colera, venivano abbandonati i morti a cui non si poteva dare degna sepoltura. Si racconta che in quell’enorme fossa comune nei secoli siano stati raccolti circa otto milioni di ossa, che vennero scoperte a metà del 1800 in seguito a un’inondazione. Da quel momento in poi la cava venne sistemata e trasformata in un vero e proprio cimitero, che fu aperto al pubblico nel 1872. Nacque così l’usanza di recarsi in quel luogo per adottare un teschio, una capuzzella di cui prendersi cura e intercedere per la sua anima condannata al purgatorio in cambio di una grazia.
 
Un culto che si perpetuò almeno fino alla metà del 1900, quando la popolazione, stremata dalla guerra e ridotta in povertà, cercava di risollevarsi affidandosi alla benevolenza dei morti. Poi nel 1969 la Chiesa proibì il rito individuale, considerato pagano, e il culto delle capuzzelle cadde nell’oblio, complice anche una certa distrazione dei devoti.
 
Ora c’è chi cerca di farlo rivivere attraverso la propria arte. Mimmo Lombardo è un artigiano che realizza oggetti in vari metalli e da circa un anno ha iniziato a lavorare con la resina per riprodurre in scala le capuzzelle del Cimitero delle Fontanelle: «Ho iniziato proprio a ottobre dell’anno scorso, perché trovavo che la figura del teschio, molta in voga in questi ultimi anni, soprattutto nel giorno di Halloween, fosse inflazionata – racconta –. Io poi sono di Materdei, il Cimitero delle Fontanelle ce l’ho praticamente sotto casa, così mi sono detto che al posto della figura classica del teschio si poteva provare a realizzare una capuzzella».
 
Ma la particolarità è che le capuzzelle di Mimmo sono tutte diverse tra loro e non sono mai sole: «Io riproduco quello che vedo là giù, dove i teschi sono ammucchiati. Perciò realizzo delle composizioni di capuzzelle, che poi faccio benedire e metto sotto una campana di vetro – spiega il 42enne –. In questo modo ognuno può avere la sua capuzzella, che è un pezzo unico e originale». Piccoli crani che diventano ciondoli e portachiavi, amuleti contro la sfortuna: «Ho iniziato a farli per regalarli agli amici. Poi con il passaparola sono arrivate le prime ordinazioni e in un anno ne ho realizzato un migliaio, creando il marchio “Skulls of Napoli”».
 

E così i “Teschi di Napoli”, le antiche capuzzelle, tentano di tornare nel cuore dei partenopei, cercando di arginare la moda di Halloween, una festa che non appartiene alla tradizione della nostra città, ma che negli ultimi anni è sempre più celebrata da queste parti. E riscoprire i culti che ci appartengono forse servirebbe a ricostruire l’identità di un popolo e quella coesione sociale che al momento latita. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino