Suite, viaggi e champagne: la vita di Raffaele Imperiale, latitante extra lusso | Video

Latitante sì, ma di super lusso. Fino a qualche mese fa Raffaele Imperiale, abitava con la famiglia in uno degli alberghi più lussuosi del mondo, l’hotel Burj...

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Latitante sì, ma di super lusso. Fino a qualche mese fa Raffaele Imperiale, abitava con la famiglia in uno degli alberghi più lussuosi del mondo, l’hotel Burj Al Arab di Dubai, dove una stanza costa (prezzi di Booking) 1500 euro a notte. Ma lui preferiva (e magari continua a preferire, visto che è tuttora libero) le suite: un uomo abituato ad avere il meglio. Organizza feste e crociere e intanto procura droga ai clan che si sbranano per conquistare le piazze. Del resto il narcotrafficante ha sempre avuto una vita agiata. Nato da una famiglia di imprenditori di Castellammare, fino all’ottobre scorso non era mai stato coinvolto in procedimenti giudiziari, ed era conosciuto solo dai camorristi, dai commercianti di droga e dalle polizie di mezzo mondo. Adesso la sua sorte è affidata alle forze dell’ordine degli Emirati che dovrebbero arrestarlo e spedirlo in Italia. 


Imperiale, quaranta anni, sposato e padre di due figli, ha sempre comprato e venduto. Ha cominciato con il vino e l’acqua minerale (tra i malavitosi era conosciuto come Lelluccio Ferrarelle) ed è arrivato alla cocaina accumulando un patrimonio che, a giudicare da quello che ha speso in questi anni, non si sognano nemmeno i più affermati imprenditori. Secondo gli investigatori le società immobiliari (valore: dieci milioni di euro) che gli sono state sequestrate sono una parte, probabilmente esigua, del suo patrimonio. La fortuna per il commerciante di vini cominciò a girare quando decise un investimento vincente e da Castellammare volò ad Amsterdam per aprire un coffee-shop, uno di quei bar olandesi dove è possibile consumare droghe leggere di diversa qualità. Fu probabilmente in quel periodo che entrò in contatto con i collettori di stupefacenti e soprattutto con gli Scissionisti di Secondigliano. Gli inquirenti ne segnalano la presenza nel 2004 al momento dell’arresto di un latitante di spicco della zona di Fuorigrotta, Mario Cerrone (coinvolto nella stessa indagine che ha reso noto il nome di Imperiale), e nel 2005 a Barcellona quando scattarono le manette per Raffaele Amato. 


È nei primi anni Duemila che Imperiale diventa socio di Amato. Sono loro che aprono e chiudono i rubinetti della cocaina determinando la fortuna o la disgrazia dei clan campani. Quando Amato si rifugia in Spagna e rompe con i Di Lauro, scatena la guerra rompendo la società e bloccando i canali che fanno scorrere veleni nella vita della città. E ancora, quando diventano tesi i rapporti tra Amato e il cognato Cesare Pagano non arriva la cocaina al genero di quest’ultimo, Mariano Riccio. Quando decidono di fare fuori il giovanotto per rassicurarlo e preparare serenamente l’agguato gli fanno arrivare una partita di coca, poi le cose si aggiustano e le forniture si regolarizzano.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino