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Turismo e tasse, si riaccende il dibattito: «50 centesimi in più» per ogni visitatore che sceglie Partenope. È questa l’idea che sarà proposta dal Comune alle associazioni di categoria nelle prossime settimane. Dato il boom di visite che bagna Napoli, la tassa di soggiorno è una delle entrate più affidabili per le casse cronicamente in affanno di Palazzo San Giacomo. L’aumento - che si aggiunge all’altra imposta lievitata di 2 euro, cioè la tassa d’imbarco aeroportuale - potrebbe portare i vacanzieri «a pagare ben tre tasse» all’ombra del Vesuvio. Federalberghi, Unione Industriali e Abbac criticano la proposta e suggeriscono soluzioni alternative come «lotta all’abusivismo» e «rivisitazione dei contratti, a oggi forfettari, con Airbnb» per recuperare fondi.
Il Comune - stando ai numeri forniti dall’assessorato al Turismo - nel 2022 ha incassato tra i «15 e i 18 milioni per la tassa di soggiorno». Cosa ne è stato? Il «30%» di questa cifra è stato reinvestito nel turismo tra infopoint, bagni chimici, finanziamenti alle municipalità e il ricco calendario di eventi che, in queste vacanze invernali e nei mesi precedenti, è andato in scena in città. Il resto dei proventi è servito a finanziare opere che riguardano a vario titolo la cultura (il cui assessorato, si sa, è in capo allo stesso sindaco Manfredi). Ma quanto si paga, attualmente, per soggiornare a Napoli? La cifra è variabile.
Nell’extralberghiero (b&b e affittacamere), da circa 3 anni - fonte Abbac - ogni ospite paga 2,50 euro a notte (prima la tariffa era ferma a 2 euro).
Coro di no dagli operatori. «Non siamo favorevoli a un aumento - argomenta Gianna Mazzarella, presidente della Sezione Turismo dell’Unione Industriali cittadina - Almeno non ora. Prima servirebbe implementare i servizi. Speriamo che il 50% degli introiti della tassa di soggiorno, cioè circa 8 milioni stando agli incassi del ’22, siano destinati a servizi strutturali d’accoglienza: sicurezza e pulizia. Nell’estate ’23 avremo più presenze: se non si implementano le informative digitali in lingua in stazione, porto e aeroporto, e se i trasporti nei punti cruciali non sono attivi fino a mezzanotte, Napoli rischia di collassare nel ’23». Agostino Ingenito, presidente di Abbac, solleva il caso Airbnb: «Quando un cliente arriva da Booking, spetta a noi gestori versare i soldi dell’imposta di soggiorno al Comune. Se il visitatore arriva tramite Airbnb, invece, i soldi vengono versati dal colosso dello sharing. Il contratto con Airbnb è cioè forfettario, dai tempi di de Magistris. Per noi non va bene: abbiamo chiesto di vedere il contratto, ma non ci siamo riusciti. Il 30% circa delle tasse di soggiorno arriva da Airbnb. La nostra categoria - che contribuisce per il 35% agli introiti totali dell’imposta - sarebbe la più penalizzata da eventuali nuovi aumenti. Il viaggiatore a Napoli potrebbe essere costretto a versare 3 tasse: sul biglietto aereo, sul soggiorno in città e su quello in un altro Comune che visiterà».
«Ogni proposta di aumento, ci tengo a sottolinearlo - spiega l’assessore al Turismo Teresa Armato - verrà concertata con le associazioni di categoria e gli operatori del settore. Il nostro interesse è duplice: da un lato intendiamo confermare il successo della città agli occhi dei tanti visitatori che l’hanno scelta in questi mesi. Dall’altro, intendiamo elevare la qualità dell’accoglienza e del turismo che arriva all’ombra del Vesuvio. Inoltre, per il 2023, il sindaco e io ci siamo trovati d’accordo sulla possibilità di aumentare la percentuale degli incassi della tassa di soggiorno che a oggi sono destinati al turismo dal 30 al 40%. In questo modo, aumenteremo la qualità dei servizi. Quanto all’esito della Dmo (la concertazione tra imprese e istituzioni nel mondo del turismo, nda) non è ancora partita, ecco perché ogni spesa realizzata con i proventi della tassa di soggiorno, fino a ora, è stata messa a bando».
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Il Mattino