Teatro San Carlo di Napoli, ballo per la pace ma Kiev vuole la protesta

Teatro San Carlo di Napoli, ballo per la pace ma Kiev vuole la protesta
È il ballo delle grandi speranze, quello che si terrà questa sera al Teatro San Carlo, per la pace e a favore della Croce Rossa impegnata con gli aiuti in Ucraina,...

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È il ballo delle grandi speranze, quello che si terrà questa sera al Teatro San Carlo, per la pace e a favore della Croce Rossa impegnata con gli aiuti in Ucraina, ideato da Alessio Carbone e sostenuto da tutta l'organizzazione del Massimo napoletano, che sta combattendo anche contro feroci polemiche. Mentre la guerra ha superato i quaranta giorni e si fa sempre più cruenta, il Console Generale d'Ucraina a Napoli Maksym Kovalenko ha indetto una manifestazione prima dello spettacolo (previsto per le 21) dove ha invitato tutti gli artisti ucraini coinvolti a partecipare con cartelli di protesta che mostrino le vittime della guerra e ha convocato una conferenza stampa per questa mattina alle 11 presso la sede del consolato al Centro direzionale. Aria di scontro, insomma, per quello che doveva essere un Ballet for peace con il tutto esaurito e che gli organizzatori, per calmare gli animi, hanno rinominato #StandWithUkraine - Ballet for Peace.

La querelle il consolato l'ha fatta scoppiare sabato sulla sua pagina Facebook dove ha esortato tutti a non partecipare a questo evento perché lo considera un tentativo dei russi «di mostrarsi attraverso misure culturali che stanno liberando l'Ucraina e non distruggendo le nostre città e villaggi» e invitando italiani e ucraini prima di «questo spettacolo sanguinoso» ad andare a teatro con «poster e foto di città ucraine distrutte, bambini feriti, donne, nostri nonni. Non permetteremo che la nostra bandiera, i nostri simboli e la nostra lotta contro i russi vengano usati per giustificare i crimini russi attraverso la cosiddetta pace in un modo o nell'altro». 

E se il console russo onorario Enzo Schiavo non commenta, dal San Carlo assicurano che i ballerini ci saranno tutti e che sono molto solidali tra loro. «Sono stato al telefono dodici ore al giorno per organizzare lo spettacolo, con l'unico intento di portare un grande messaggio di pace e di aiutare i cittadini ucraini colpiti dalla guerra», racconta Alessio Carbone, ancien premier danseur dell'Opera di Parigi, che aveva presentato l'iniziativa spiegando proprio come «la ricca storia della danza classica e la sua tradizione sono profondamente legate alle culture ucraina e russa. Vogliamo utilizzare la forza della nostra passione e la bellissima amicizia che c'è tra noi ballerini per aiutare l'Ucraina e mostrare al mondo che restiamo uniti per la pace e spero che il console ci ripensi. Il nostro obiettivo è mandare il messaggio di pace e quanti più soldi possibile all'Ucraina: i ballerini hanno tutti rinunciato al loro cachet per contribuire anche in questo modo». 

Sono ventisette le star che Carbone è riuscito a riunire a Napoli, per due ore di spettacolo che è stato pensato come un susseguirsi di passi a due e assoli dal grande repertorio classico e contemporaneo, da Chopin, Ravel e Tchaikovsky passando per Shostakovich, e arrivando ai Radiohead,  con artisti ucraini scappati dalla guerra come Anastasia Gurskaya prima ballerina dell'Opera di Kiev che a Il Mattino aveva raccontato la sua fuga dalle bombe, sul palco con il collega Stanislav Olshanskyi, mentre sono in fuga dalla Russia perché in disaccordo con la guerra Olga Smirnova prima ballerina del Teatro Bolshoi di Mosca e Victor Caixeta, come pure l'aveva lasciata l'ucraina Anastasia Matvienko, con il marito Denis Chereviychko. 

Parole amare dice la prima ballerina russa Maria Kochetkova, da vent'anni in giro per i teatri di tutto il mondo come free-lance e che ballerà stasera insieme con il compagno e coreografo Sebastian Kloborg: «Penso che se il console ucraino davvero ha detto queste parole sia una vergogna. La cultura è fondamentale e quello che facciamo sul palco del San Carlo è molto importante: stiamo facendo qualcosa che i politici non fanno. Parliamo di pace. Tutti i ballerini che danzano al gala di oggi sono amici e da quando è iniziata la guerra non è cambiato nulla. Siamo amici e continueremo a esserlo sempre. Non abbiamo scelto noi dove nascere. Ciò che noi facciamo è comunicare con la danza, ballare per noi è come parlare, avere una lingua comune, un dialogo».

La Kochetkova ha invece parole dure per gli artisti che supportano Putin: «Non hanno niente a che fare con l'arte e con la cultura dice - rappresentano soltanto uno strumento di propaganda. Quelli che sono coinvolti con il regime russo e che pubblicamente appoggiano la guerra si fa bene a cacciarli dai teatri ma bisogna saper fare le dovute distinzioni e non cancellare tutta la cultura russa né allontanare tutti gli artisti dai teatri. Altrimenti si fa il gioco di Putin: cancellare l'arte russa e sostituirla con la propaganda è esattamente ciò che vuole». E torna sull'amicizia tra i due popoli: «Non posso parlare per tutti ma per quelli che sono qui e per tutti i russi che sono contro questa guerra. Eravamo amici prima e questo non cambierà. I miei nonni venivano dall'Ucraina e da una zona bombardata, per un sacco di russi gli ucraini non sono nemici, molti di noi hanno parenti lì. È importante capire che non tutti i russi sono cattivi e che anzi ce ne sono tantissimi contro la guerra, come noi che partecipiamo al gala. Questo è il mio linguaggio, il mio modo di esprimere la mia posizione di pace e per dare un messaggio che sento anche come una responsabilità. Per questo spero che ci siano più persone che lo facciano». 

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Il Mattino