In viaggio tra la desolazione e il degrado delle aree abbandonate della terra dei fuochi. Nei territori dove le analisi dell’Arpac hanno portato al sequestro di decine di...
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I cartelli indicativi dei sequestri e i nastri di delimitazione delle aree cioinvolte sono spariti. Tutto come prima insomma, si torna a coltivare.
Trattori e contadini sono tornati all’opera: campi di mais, oggi, ricoprono parte della superficie del sito ritenuto «con più alto valore di rischio per la provincia di Caserta», dove nel corso degli anni sono state accumulate «299.275 tonnellate di rifiuti, ance speciali e pericolosi».
«Nulla di nuovo nella terra dei fuochi», commenta Vincenzo Tosti della rete di cittadinanza e comuità, «l’emergenza non è mai finita. Da tempo noi cittadini e abitanti del luogo monitoriamo le cave ed è assurdo trovare del mais in diversi punti degli oltre 60 ettari di terreno sequestrato. Le esalazioni nocive continuano ad essere disperse nell’ambiente, senza che una adeguata bonifica venga effettuata».
Coltivazioni di spighe insomma, riempiono i terreni adiacenti alla cava – utilizzata in passato per la costruzione della reggia vanvitelliana – in cui la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, ha accertato lo sversamento di oltre 200.000 tonnellate di rifiuti speciali su una superficie di 12.500 metri quadri.
Non è l'unico caso. Anche ad Acerra, in zona Calabricito, i metalli pesanti riscontrati nei terreni adiacenti alla discarica abusiva, come cadmio piombo e mercurio – oltre tremila volte la soglia consentita – non hanno scoraggiato i contadini che hanno deciso di coltivare cavolfiore. «Veniamo qui frequentemente - dichiara l’attivista nella terra dei fuochi Alessandro Cannavacciuolo - e troviamo situazione sempre peggiori. La nostra salute è messa a rischio costantemente da chi decide di non rispettare le limitazioni imposte dalle interdizioni delle attività agricole. Chiediamo controlli costanti da parte di chi deve tutelarci perché vivere in questi territori, respirare quest’area e mangiare questi prodotti significa guardare costantemente la morte negli occhi».
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Il Mattino